Le frequenze giuste per parlare di pace ai giovani (e con i giovani)

Informazione e guerra. L’anno scorso, il 18 marzo (rivedi qui tutto il confronto in streaming), a poco più di tre settimane dall’attacco russo in Ucraina, l’Ucsi aveva messo attorno a un tavolo virtuale giornalisti, inviati, Fnsi, Usigrai, Ordine dei giornalisti, articolo 21, il direttore della rivista Ucraina Skynia e tanti altri amici, per capire insieme come esercitare questa responsabilità in un contesto cosí complesso. Ad Assisi, in queste ore, tanta gente, per gridare il no a una guerra che ci sta annientando in tutti i sensi. La mattina della marcia notturna, un seminario con molti dei testimoni già presenti il 18 marzo.

Articolo 21 ha proposto una riflessione fuori dal coro, partendo proprio dalle parole del Papa, che ormai ha rinunciato all’immagine della terza mondiale a pezzi, perché i tanti pezzi ormai si sono inesorabilmente saldati.

Questa saldatura, tuttavia, non impedisce lo spostamento del baricentro mediatico su un conflitto, che ha ancora più cancellato il resto.

Qualcuno ha chiesto, ieri, il senso del marciare insieme. Serve, non serve? Quale effetto pratico ottiene? Cioè, a parte un modesto effetto mediatico, niente...? C’è un’esperienza, nelle Marche, che da decenni unisce ogni anno centomila persone, fra Macerata e Loreto. Ne sono nate grandi amicizie, reti di collaborazioni, anche vocazioni, comunque esperienze molto belle. Perché camminare insieme, fianco a fianco, arrivando da mille strade diverse, rafforza relazioni fra persone, dona calore, fa nascere cose nuove. E fa trovare strade, che nell’oscurità sembrano non esserci, ma se vengono illuminate, diventano cose grandi.

Così, anche fra Perugia e Assisi.

Ad Assisi, ieri, tanti ragazzi, studenti cui le scuole hanno permesso di partecipare al seminario, e poi, anche alla marcia. Mi sono chiesto: lo sforzo che molta buona informazione sta facendo, penso ad Avvenire, Osservatore Romano, Famiglia Cristiana, Civiltà Cattolica, Aggiornamenti Sociali, i media cattolici e non solo, quanto riesce ad arrivare ai ragazzi? Intercettano le frequenze che i ragazzi utilizzano? E quali sono queste frequenze?

La cultura della pace si gioca con una civiltà nuova, che si costruisce con un processo educativo che passa anche attraverso un nuovo modo di fare informazione. Come muoversi allora? Se l’educazione è un processo circolare, anche l’informazione può tentare di esserlo. Educare a informarsi significa anche sperimentare il fare informazione, comprendere e imparare, insieme, nuove grammatiche.

Da una parte, connettere le tante esperienze di informazione sociale, in particolare giovanili esistenti, ma non basta. Occorre anche attivare reti informative che entrino in frequenza con i canali utilizzati dalle nuove generazioni. Un canale che connetta, ad esempio, le radio web che esistono in tante scuole, ma anche – ecco il sogno – un network di testate giovanili che possano partecipare a un progetto di rinascita sociale e – perché no – sognare per loro anche un futuro professionale. Investendo sui giovani, in questo si investe concretamente anche sulla pace.

Ultima modifica: Ven 24 Feb 2023

UCSI - PI 01949761009 - CF 08056910584 - Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 224 del 29/09/2014 - Tutti i diritti riservati