Il disastro in Romagna ci interroga nei giorni delle 'comunicazioni sociali'

Le immagini di città e campagne dell’Emilia Romagna sommerse dall’acqua fanno da drammatico sfondo, per noi italiani, alla celebrazione della 57.ma giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che quest’anno riflette sul tema “Parlare col cuore”. Senza questo evento atmosferico estremo la nostra attenzione avrebbe applicato il messaggio di papa Francesco a due altre emergenze: la guerra in Ucraina e l’immigrazione.

Gli strumenti per far luce e vera informazione ce li ha indicati lo stesso pontefice negli ultimi tre anni: il giornalista deve “andare e vedere” (messaggio 2021), “ascoltare” (2022), raccontare e “parlare col cuore”(2023).

Quasi otto anni fa, il 18 ottobre del 2015, i giornalisti dell’Ucsi – guidati da Andrea Melodia e da padre Francesco Occhetta - dopo una “tre giorni” in Gallura (territorio che il 18 novembre 2013 registrò 13 morti, 19 in tutta la Sardegna, travolti dalla furia del ciclone “Cleopatra”), dedicata al tema “Informazione e tutela dell’ambiente, scrissero la “Carta di Olbia”, con un forte appello rivolto prima di tutto agli stessi operatori dell’informazione.

«Nella odierna realtà dei sistemi di comunicazione, caratterizzata da rumore dispersivo e da mezzi personali di connessione che spingono all’individualismo, la professione giornalistica è in evidente crisi ma conserva - si legge nella “Carta di Olbia” - un ruolo insostituibile a favore della coesione sociale, della legittimazione della politica in contrasto con la regressione populista, della possibilità concreta di reinventare le ragioni di fondo della pace e del vivere civile, anche di fronte a fenomeni epocali come il riscaldamento globale e le migrazioni. Appare evidente che pace, giustizia e salvaguardia del creato sono tre questioni del tutto connesse, e che la questione ambientale presenta un punto di rottura».

Per l’Ucsi di otto anni fa i giornalisti devono svolgere un ruolo importante nell’aiutare la società ad affrontare questi problemi, e che così facendo i giornalisti stessi possono trovare risposte a quella carenza di credibilità della categoria che è forse la causa principale della crisi professionale.
Sicuramente sull’enorme problema delle guerre nel mondo - oltre una sessantina in atto che papa Francesco considera un terzo conflitto mondiale formato “spezzatino” – le armi giornalistiche sono a gittata ridotta; su immigrazione e ambiente i giornalisti italiani, invece, non sono inermi: possono andare e vedere, ascoltare e poi parlare col cuore. Ed essere convincenti.

«Il diritto alla terra e alla sua salvaguardia sono beni indisponibili [...] Gli amministratori pubblici, gli imprenditori, chiunque abbia poteri rilevanti sono chiamati ad operare in modo trasparente e responsabile». Non mancano le informazioni almeno sui temi ambientali. Eccone alcune: quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio dissesto e soggetto a erosione costiera e oltre 8 milioni di persone abitano nelle aree ad alta pericolosità. Nel 2021, oltre 540 mila famiglie e 1.300.000 abitanti vivono in zone a rischio frane (13% giovani con età < 15 anni, 64% adulti tra 15 e 64 anni e 23% anziani con età > 64 anni), mentre sono circa 3 milioni di famiglie e quasi 7 milioni gli abitanti residenti in aree a rischio alluvione.

Le regioni con i valori più elevati di popolazione che vive nelle aree a rischio frane e alluvioni sono Emilia-Romagna (quasi 3 milioni di abitanti a rischio), Toscana (oltre 1 milione), Campania (oltre 580 mila), Veneto (quasi 575 mila), Lombardia (oltre 475 mila), e Liguria (oltre 366 mila).

I giornalisti dell’Ucsi 8 anni fa invitavano tutti i colleghi a rispondere ad una serie di interrogativi ancora attuali: « Ci limitiamo a rincorrere la cronaca, o facciamo un giornalismo di inchiesta, di investigazione, sui fenomeni che riguardano la vita di tutti? Di fronte ai fiumi che non si puliscono, ai ponti mal costruiti, alle costruzioni erette dove non dovrebbero esserci, raccontiamo o stiamo zitti? O piuttosto siamo portati a scaricare le responsabilità delle carenze informative sui nostri editori? Siamo convincenti nel mostrare modelli virtuosi di comportamenti pubblici e privati, o piuttosto consideriamo ogni doverosa attenzione educativa come estranea alla nostra missione professionale?».

Oggi come 8 anni fa «il futuro della informazione professionale sta nella sua utilità sociale e, in ultima analisi, nell’esercizio concreto e responsabile di una mediaetica, e non nella ulteriore esaltazione di modelli consumistici già ampiamente diffusi nelle pratiche della comunicazione». La “Carta di Olbia” è ancora attuale.

Foto: Vigili del Fuoco

Ultima modifica: Sab 20 Mag 2023