L’altro come antidoto alla googlizzazione

Spegnete i computer e cominciate a vivere è stato il consiglio a sorpresa che qualche anno fa l’amministratore delegato di Google Eric Schmidt diede agli studenti dell’Università della Pennsylvania riuniti per l’annuale cerimonia delle lauree. La dichiarazione fece il giro del mondo. I

l capo del potente motore di ricerca esortava i “nativi digitali” a spegnere pc, smartphone e tablet invitandoli a guardarsi intorno e ad osservare la realtà senza la mediazione di uno schermo. Certo, nel flusso comunicativo digitale in cui leggere un libro, guardare la Tv, scaricare video e fotografie e condividere tutto con i propri “amici” e follower su un'unica piattaforma (che è Internet) è del tutto normale, una frase del genere sembrerebbe anacronistica. Ancora di più se si legge il 13° Rapporto Censis-Ucsi dal quale emerge come la quantità di utenti connessi alla Rete è aumentata, così come lo sono le abitudini delle persone (comprese le donne) nel consumo di informazioni. I new media, e in particolare i social network, sono al centro di questi grandi cambiamenti. Ma mai come oggi le parole di Schmidt restano attuali. L’obiettivo dei colossi come Facebook e YouTube è quello di tenere sempre e comunque connesse le persone a uno schermo. E ciò aumenta anche il rischio contagio del virus della googlizzazione. Forse anche per questo Schmidt invitò i ragazzi a riflettere. Un modo per dire che la differenza la fa sempre e comunque l’uomo nella misura in cui avrà la capacità di spingere l’interruttore e distogliere l’attenzione dallo schermo per incontrare persone e scoprire nell’altro prospettive nuove e storie da raccontare introvabili sui social e sui motori di ricerca.

Ultima modifica: Mer 12 Ott 2016