Il festival della dottrina sociale di Verona: l'impresa e il mondo del lavoro a confronto

“Stare in mezzo alla gente significa anche avvertire che ognuno di noi è parte di un popolo. La vita concreta è possibile perché non è la somma di tante individualità, ma è l’articolazione di tante persone che concorrono alla costituzione del bene comune. Essere insieme ci aiuta a vedere l’insieme”. Con queste parole in videomessaggio, Papa Francesco aveva aperto la sesta edizione del Festival della Dottrina sociale svoltosi nell’auditorium del Cattolica Center di Verona dal 24 al 27 novembre e intitolato “In mezzo alla gente”...

Ventimila, secondo le stime della segreteria organizzativa, gli accreditati da tutta la penisola per un evento aperto dalla prolusione di mons. Dario Edoardo Viganò, Prefetto per la Segreteria della Comunicazione della Santa Sede, con una riflessione sul tema “La pervasività dei media che tipo di relazioni permette?”. Incentrata principalmente sulla capacità di cogliere la necessità di proprietà di linguaggio e rapidità dei canali ormai in uso “in mezzo alla gente”, l’analisi di Viganò ha sottolineato la necessità essenziale di non perdere mai il controllo di un servizio alla verità, complessa, talvolta poco nitida, ma unico riferimento di un addetto alla comunicazione che voglia “globalizzare” un messaggio credibile.

Presenti anche, come relatori, mons. Nunzio Galantino, Segretario generale della CEI, mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato delle Settimane Sociali, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, il segretario generale della Cisl, Anna Maria Furlan, l’economista Stefano Zamagni e molti altri illustri figure di rilievo nel settore dell’impresa, della pubblica amministrazione, del volontariato e terzo settore. Un’occasione di continuo scambio e arricchimento basato sui principi della dottrina sociale della chiesa: molteplici i modelli virtuosi offerti ai partecipanti, certamente ispirati da tanta speranza fattasi azione concreta. Più di duecento gli imprenditori, ad esempio, accomunati da profonda dedizione, passione e soprattutto rispetto dell’umanità quotidiana da vivere sul luogo di lavoro, undici dei quali sono stati insigniti del “Premio all’impegno d’impresa per il bene comune”.

“Il dispotismo vede nella separazione tra gli uomini la garanzia della sua permanenza. Il despota facilmente perdona i suoi sottoposti per non amarlo, a condizione che essi non si amino l’un l’altro”. Una conclusione più che mai attuale, quella dell’apprezzatissimo economista Zamagni, tra i fondatori della Scuola di Economia Civile con sede al Polo Bonfanti di Figline Incisa Valdarno, al termine di una precisa disamina; sono parole tratte dal testo “Democrazia in America”, dato alle stampe nel 1835 da Alexis de Tocqueville, figlio di Hervé Clérel, uno dei tanti rivoluzionari francesi poi decapitato nel periodo del terrore dallo stesso “fuoco amico” firmato Robespierre.

Alcuni in particolare i nodi della storia recente del Belpaese sottolineati da Zamagni, da sciogliere per affrontare alla radice quella diseguaglianza sociale per “ereditarietà” che in Italia vede i nati da famiglia povera avere il 70% di probabilità di continuare ad essere nella stessa condizione dei genitori: affrontare il “conservatorismo compassionevole”, un tratto tipico per il quale il paese non affronta le cause generatrici di effetti dolorosi che poi cerca con compassione di lenire o tamponare; ripartire dall’impresa, storicamente maltrattata da certe matrici ideologiche, affinché torni al centro come impresa civile, cioè al servizio della “civitas”, città dellanime, a differenza di “urbe”, città delle pietre. Il contributo dell’impresa per la civitas, può e deve andare al di là dell’impresa stessa; rilanciare la cultura: produrre ossia “pensiero pensante”, tema già caro a Papa Paolo VI. Ci siamo illusi, spiega Zamagni, che bastasse qualche “pensiero calcolante”, cioè quello che risolve i problemi, ma nulla potrà essere risolutivo senza pensiero pensante.

Ultima modifica: Sab 3 Dic 2016

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