Media e potere: i paradossi di Trump e le sfide per noi, oggi

C’è un legame profondo tra quello che ha fatto Donald Trump, escludendo alcuni giornalisti dal briefing quotidiano alla Casa Bianca, e quanto emerge dalle ultime analisi sulla comunicazione dei giorni nostri, a cominciare dal rapporto Censis-Ucsi del 2016 (leggi QUI).

Siamo nel pieno dell’era della “disintermediazione”, e ciò significa da un lato che ognuno di noi si costruisce da solo il suo “giornale”, ormai prevalentemente virtuale, attingendo alle fonti più disparate (e molto spesso né autorevoli né veritiere), e dall’altro che i politici di turno e ogni altra figura istituzionale possono parlare direttamente (o pensare di farlo) all’opinione pubblica.

Il presidente Trump adesso è l’esempio principale: usa twitter come una clava, va in televisione come una star, stuzzica la pancia dell’America (e degli americani) con slogan e messaggi chiari, diretti e facilmente comprensibili (ancorché opinabili).
I giornalisti servono solo come “storytellers”, romanzieri di un racconto che lui stesso ha pensato, se non addirittura già scritto. E se non lo sono, per indole, per ostinazione o per un sussulto di dignità, possono essere eliminati (anche fisicamente) dal luogo dove le notizie trovano la loro rappresentazione.

A Washington è accaduto quello che una volta avveniva solo nei regimi autoritari (e le punizioni in quei casi potevano essere anche peggiori), con l’aggravante che quelli sono gli Stati Uniti, patria dei diritti e della libertà di espressione, e culla del miglior giornalismo di sempre.

Proprio l’altro giorno raccontavo ad alcuni studenti di vent’anni come è stato scoperto lo scandalo Watergate, e mostravo loro alcune scene del film “Tutti gli uomini del presidente”. Pochi di quei ragazzi hanno fiducia che possa ripetersi un’inchiesta giornalistica come quella, in quei modi, con quella determinazione. Insomma, persino i giovani aspiranti giornalisti oggi sono prudenti e disincantati!

Eppure una via d’uscita c’è, e alcuni segnali sono già incoraggianti.
Proprio negli ultimi tre mesi, cioè da quando Trump è presidente e attacca così duramente i media tradizionali, sono tornate a salire, negli USA, le vendite di molti dei giornali più importanti (che quindi sono bersagli ma diventano in qualche modo anche beneficiari dei suoi strali).
Nel momento in cui cresce l’interesse per il giornalismo più autentico, aumentano anche gli antidoti contro le fake news, o anche contro i “fatti alternativi” di cui parlano oggi gli uomini di questo presidente americano: sono riconoscibili con maggiore facilità, e smascherabili spesso dagli stessi algoritmi.
Infine l’ostracismo contro la Cnn (e altri media) ha determinato una rinnovata consapevolezza globale nella nostra categoria, un risveglio dal torpore e dalla pigrizia in cui spesso ci adagiamo, una sensazione di dover ancora svolgere, anche qui e oggi, un ruolo di grande rilievo, per la nostra stessa democrazia.

L’importante, perché queste condizioni portino frutti, è che il giornalista rivendichi sempre, senza distinzioni, la propria dignità, l’equilibrio, il distacco dal potere, da ogni forma di potere.

Ultima modifica: Lun 27 Feb 2017

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