Rai: un primo commento dopo lo schema del governo per la nuova concessione

La prima sensazione alla lettura del comunicato governativo che illustra l'approvazione da parte del Consiglio dei ministri di uno “schema di provvedimento”, in vista della nuova Concessione alla RAI per l'esercizio del servizio pubblico, è che nel provvedimento finale saranno presenti alcune innovazioni, alcune raccomandazioni e – inevitabilmente – molte questioni che dovranno essere definite meglio...

Un punto fermo innovativo riguarda la definizione della durata della concessione, che sarà decennale, e del contratto di servizio subordinato alla concessione, che avrà rinnovo dopo 5 anni. Ci si aspetta ora che il contratto di servizio, che era diventato una prassi anchilosata ricca di buone intenzioni e di obbiettivi irraggiungibili, possa diventare un serio momento di confronto e innovazione, attento agli interessi generali più che alle rivendicazioni di parte.

La RAI è già tenuta per legge a esercitare il servizio pubblico in modalità multimediale, e non solo per radio e televisione. Dunque questa non è una novità. Vera novità sarebbe definire in che modo la RAI debba essere tenuta a fornire gratuitamente i suoi prodotti su tutte le piattaforme.

Tra le cose importanti vanno citati anzitutto i riferimenti all'informazione. Dopo la bocciatura del piano Verdelli, che non prevedeva l'accorpamento delle Testate, ora è il Governo a “suggerire” (nella forma di dare il permesso a farlo) quello che la RAI avrebbe potuto già realizzare in autonomia, cioè appunto la riduzione del numero delle Testate, che viene giustificata anche da ragioni economiche. Possiamo solo auspicare che la riduzione sia il più possibile radicale, convinti come siamo che per mettere al centro il digitale il modello della newsgathering unica, realizzato dalla BBC, sia il più funzionale, in modo che l'informazione destinata alla rete sia centrale e non marginalizzata.

Diventa un obbligo anche l'altra grande inadempienza dell'azienda negli ultimi tempi, più volte segnalata dal sottosegretario Giacomelli,: quella di dotarsi di un piano editoriale coerente con la missione e gli obblighi del servizio pubblico radiotelevisivo. Il nuovo piano potrà prevedere – ma anche questo poteva essere deciso autonomamente, e dunque costituisce una raccomandazione – la rimodulazione del numero dei canali non generalisti con l’obiettivo di perseguire maggiore efficienza, riduzione dei costi, valorizzazione delle risorse interne.
Il commento di Giacomelli risulta ancora critico sulla attuale gestione RAI: “il tempo è scaduto”, sono state le sue parole.

Con la messa in crisi dei canali tematici non di informazione, per effetto delle nuove tecnologie di accesso alle banche dati, diventa essenziale reinventare le logiche dei canali lineari, sia generalisti (in numero decisamente ridotto) sia soprattutto di quelli dedicati a target specifici di pubblico, soprattutto giovanili.
Sembra anche, da alcune anticipazioni, che la concessione possa prevedere l'obbligo di trasmettere in lingua inglese e che venga messo uno stop deciso a chi ha ventilato la necessità di ridurre le sedi regionali. Entrambe decisioni del tutto condivisibili.

Rituali, ma necessari, i richiami a rispettare rigorosamente principi di completezza, obiettività, indipendenza, imparzialità e pluralismo, promuovendo le pari opportunità tra uomini e donne e assicurando il rigoroso rispetto della dignità della persona, nonché della deontologia professionale dei giornalisti. Su questi temi è auspicabile che il contratto di servizio preveda, più che norme e dichiarazioni di principio, l'obbligo ad attuare prassi concrete di formazione e sensibilizzazione degli operatori e di confronto costante tra tutti i livelli delle gerarchie professionali.

La soluzione che ci pare più discutibile è quella della separazione netta tra le attività commerciali e quelle di servizio pubblico. Non è questione da poco, perché anche le norme europee vanno in questa direzione. Ma molti addetti ai lavori continuano a non capire come questo possa avvenire senza detrimento della missione di servizio pubblico, che potrebbe essere più o meno estromessa da quei generi comunicativi, come la fiction e l'intrattenimento, che sono essenziali per costruire una nazione in senso comunitario.

Sulla corretta applicazione delle norme, anche per quanto riguarda l'affollamento pubblicitario e la corretta distribuzione delle inserzioni sui diversi canali, vigileranno sia il Ministero sia l'AGCOM. Che potrebbero anche, anno per anno, ridurre il versamento del canone in caso di infrazioni.

Ultima modifica: Dom 12 Mar 2017