Da profilo a testimone. Essere cristiani al tempo dei social (1)

Una riflessione in tre puntate sull’essere cristiani al tempo dei Social, proposta da Alessandro Gisotti, vice-caporedattore della Radio Vaticana (Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede) e docente di Comunicazione alla Pontificia Università Lateranense.

San Paolo e l’areopago digitale, se la fede si fa social

“Guai a me se non predicassi il Vangelo!” La famosa affermazione di San Paolo, contenuta nella Prima Lettera ai Corinzi, non ha perso di attualità duemila anni dopo essere stata pronunciata e scritta. Anche oggi, l’Apostolo delle Genti è uno straordinario modello, anzi un testimone convincente dell’urgenza dell’annuncio della Buona Notizia in ogni contesto e ad ogni interlocutore. Se ci accostiamo alla splendida pagina degli Atti degli Apostoli che ci mostra Paolo di Tarso all’Areopago, impegnato ad annunciare agli ateniesi quello che per loro era “il Dio ignoto”, scopriremo alcune buone regole valide anche per l’evangelizzazione nel territorio nuovo del Continente digitale. Come ha notato il biblista Bruno Maggioni, San Paolo pur respingendo “un annuncio per così dire addomesticato” del messaggio cristiano, non rifiuta invece “lo sforzo di presentare il messaggio in modo adatto, nel linguaggio e negli argomenti, alla cultura degli ascoltatori, accogliendone con simpatia tutti gli apporti positivi”.

Non a caso, San Giovanni Paolo II – il primo Papa a confrontarsi con Internet e ad aver accolto con coraggio e lungimiranza la sfida posta dal Web – ha definito i nuovi mezzi di comunicazione sociale “il primo Areopago del tempo moderno”. E altrettanto significativamente, nell’Enciclica Redemptoris Missio, richiamando lo spirito e lo stile paolino sull’acropoli ateniese, afferma che non basta usare questi mezzi “per diffondere il messaggio cristiano e il Magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa nuova cultura creata dalla comunicazione moderna”. A pochi mesi dalla morte, poi, nella Lettera Apostolica Il Rapido Sviluppo, pubblicata nel gennaio 2005 (Facebook non aveva ancora compiuto il suo primo anno di vita), Papa Wojtyla coglierà già l’elemento distintivo dello sviluppo dalla Rete alle Reti (Sociali) laddove rileverà che Internet abitua “le persone ad una comunicazione interattiva”. E subito dopo annoterà che “molti cristiani stanno già utilizzando in modo creativo questo nuovo strumento, esplorandone le potenzialità nell'evangelizzazione” (già il decreto conciliare sulle comunicazioni Inter Mirifica, pubblicato nel 1963, sottolineava che “è compito anzitutto dei laici animare di valori umani e cristiani” i media “affinché rispondano pienamente alla grande attesa dell'umanità e ai disegni di Dio”.)

Se il Papa polacco intravede dunque le opportunità che questo forum nascente presenta per proclamare il Vangelo, saranno i suoi due successori a viverne appieno la realtà, svolgendo un ruolo attivo in prima persona per gettare le reti dell’evangelizzazione nell’Oceano 2.0. Anche la fede, per dirla con il direttore di Civiltà Cattolica padre Antonio Spadaro, ora “si fa social” perché, annota il gesuita, “la Rete non è un nuovo mezzo di evangelizzazione, ma innanzitutto un contesto in cui la fede è chiamata a esprimersi non per una mera volontà di presenza, ma per una connaturalità del cristianesimo con la vita degli uomini”. La Chiesa abita dove abita l’uomo. E’ chiamata – dal giorno di Pentecoste in poi – ad annunciare il Vangelo a tutte le genti, raggiungendo le persone laddove si trovano. Oggi, per una parte consistente dell’umanità, i Social Network sono un contesto dove “si vive”, dove si è alla ricerca di senso condividendo sentimenti, speranze ed angosce, gioie e paure. Ecco perché i cristiani devono ripetere “guai a me se non predicassi il Vangelo”, anche nelle Reti Sociali. (Prima puntata - CONTINUA)

Ultima modifica: Mar 21 Mar 2017