Raccontare il lavoro, anche quello 'difficile' e 'precario' dei giornalisti.

Raccontare il lavoro. Nei mesi che ci separano dalla Settimana sociale dei Cattolici che si terrà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre proveremo a raccontare il mondo del lavoro.

Lo faremo come lo fanno abitualmente i giornalisti: denunciando quello che non va e cercando di dare valore alle buone pratiche. Lo faremo senza nascondere la crescente difficoltà di fare con serenità e sicurezza il nostro lavoro di cronisti in un mondo dell’informazione sempre più precario e instabile. Insomma, proveremo anche a raccontare il nostro lavoro di giornalisti in un mondo che sta profondamente cambiando.

Siamo tutti affascinati dalle enormi opportunità date dalla tecnologia e dal giornalismo digitale, mondo in cui come novelli esploratori ci avventuriamo quotidianamente. Ma non possiamo né vogliamo negare che la tecnologia ha inevitabilmente un prezzo da pagare. Un prezzo in termini di precariato, di posti di lavoro che continuano a diminuire e di professioni che letteralmente stanno scomparendo.

Gli ultimi dati dell’AgCom dicono che in Italia il 40% dei giornalisti guadagna meno di 5mila euro all’anno. Nelle redazioni di tutta Italia gli editori in molti casi continuano inesorabili a tagliare il personale e a “strizzare” all’inverosimile i lavoratori che rimangono.
Oggi un cronista fa abitualmente anche le foto o realizza video di qualità dignitosa a corredo dei suoi servizi con lo smartphone o il tablet. Ma se diventare multitasking può essere molto stimolante per un professionista, non è detto che questo sia un bene per la professione giornalistica. Anche perché stiamo assistendo ad un livellamento qualitativo verso il basso e soprattutto alla scomparsa di quelle professionalità che, insieme al giornalista tradizionale, sono sempre state fondamentali nel raccontare la realtà.

Le aziende televisive, spesso purtroppo anche il servizio pubblico, hanno smesso di assumere i cine operatori. Si rivolgono ai service esterni che fanno avere in tempo reale le immagini degli eventi oppure chiedono agli stessi giornalisti di registrarle portandosi dietro una piccola telecamera o più semplicemente con il loro smartphone.

Le grandi riviste che hanno fatto la storia dell‘informazione ormai non puntano più sui fotoreporter che con i loro scatti hanno sempre testimoniato i grandi eventi. Eppure queste figure professionali hanno fatto la storia dell’informazione.

Il mondo sta cambiando, è vero. Ma il rischio è che in questo mondo che cambia vorticosamente, in cui è impensabile restare fermi, qualcosa si stia perdendo irrimediabilmente per strada. Nell’epoca del telelavoro sempre più giornalisti freelance sono in grado di offrire agli editori un prodotto finito a costi sempre più bassi: un articolo corredato di servizio fotografico o un servizio televisivo già montato.
Ma il rischio è che, in questo appiattimento generale, si perda quella ricchezza che deriva dalle relazioni e dallo scambio di idee e di visioni tra colleghi che hanno competenze e punti di vista diversi. O che, ancora peggio, si guardi e si racconti la realtà da un unico punto di vista. Il proprio.

Il “lavoro” che Papa Francesco ha auspicato e di cui si parlerà nella Settimana Sociale di Cagliari, non è questo. E’ un lavoro libero, creativo e solidale. E’ un lavoro degno. E’ questo il lavoro che vorremo raccontare in questa sezione del nostro sito, proponendo delle storie che diano speranza e fiducia, soprattutto ai ragazzi che oggi faticano a trovare una loro collocazione nel mondo. Proponendo idee, opinioni, punti di vista diversi da cui guardare la realtà lavorativa, possibilmente per migliorarla. Proveremo a farlo, ma senza tacere il periodo estremamente difficile attraversato oggi dalla nostra categoria professionale.

Ultima modifica: Lun 29 Gen 2018