7 - G come 'Generalizzare'. E noi Giornalisti...

G come 'Generalizzare'. Ma questa lettera, e questo verbo ‘generalizzare, mi portano a pensare anche al nostro mestiere di Giornalisti.

Il modo di comunicare e di fare questo mestiere ci costringe a risaltare le brutte notizie che fanno aumentare i dati di ascolto, l’escalation all’interno delle redazioni e, magari, a far vendere copie, oppure moltiplicare i like nel mondo del web.

Qui è il punto dolente del nostro mestiere: fino a che punto è giusto insistere su una notizia, ad esempio, di cronaca nera, seguire le vicende di una persona che ha commesso un crimine, raccontare i retroscena di un atto di violenza? Interrogativi che da tempo trovano cittadinanza nelle riflessioni in seno alle categorie professionali, o più frequentemente nelle redazioni delle testate giornalistiche. Certo non si possono ignorare questi fatti e non solo per quel diritto di cronaca che alimenta la ricerca e riempie le pagine dei nostri giornali, ma soprattutto per il rispetto che si deve alle vittime di questi avvenimenti, alle famiglie lacerate da episodi che, forse, non si potevano nemmeno immaginare.

Proprio per il rispetto che è dovuto alle persone entrano in gioco le parole che Papa Francesco ha rivolto ai giornalisti pochi giorni dopo la sua elezione a 266° successore di Pietro: “il vostro lavoro – diceva il Papa – necessita di studio, di sensibilità, di esperienza, come tante altre professioni, ma comporta una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza”. E, aggiungeva Francesco, la necessità di “spezzare il circolo vizioso dell’angoscia e arginare la spirale della paura, frutto dell’abitudine a fissare l’attenzione sulle ‘cattive notizie’ (guerre, terrorismo, scandali e ogni tipo di fallimento nelle vicende umane)”.

Nessuna disinformazione o censura, né “ottimismo ingenuo che non si lascia toccare dal male”. Non possiamo Generalizzare tutti i fatti perché nel comunicare c’è la vita dell’uomo. “Non è solo una cronaca asettica di avvenimenti – ci ricorda Papa Francesco - ma è storia, che attende di essere raccontata attraverso la scelta di una chiave interpretativa in grado di selezionare e raccogliere i dati più importanti”. Le parole hanno il potere di veicolare emozioni e, proprio per questo, una parola non vale l’altra. Le parole che usiamo per descrivere un’esperienza possono amplificare o ridurre l’intensità dell’esperienza stessa.

Purtroppo solitamente la maggior parte di noi ha un brutto vizio: tendiamo ad amplificare le cose in negativo e a sminuirle in positivo. È molto più frequente che le persone trasformino in “disastroso” qualcosa di sgradevole e in “non male” qualcosa di molto gradevole...

Ultima modifica: Dom 10 Dic 2017

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