P come 'Parteggiare'. Il nostro dovere di raccontare i fatti.

Cosa significa raccontare i fatti? Cercare di essere fedele alla realtà? Fare cronaca? Non parteggiare? Nel suo significato etimologico, la cronaca è il narrare i fatti esponendoli secondo il loro corretto ordine temporale. Detta così, sembrerebbe un gioco da ragazzi. E invece la grandezza di un giornalista sta proprio qui. Vedere e toccare i fatti, fuori da una redazione, per le strade. Se si è un ufficio stampa, fuori dalle stanze, sui luoghi e in mezzo alle persone che bisogna raccontare. Accostarsi ad essi cercando di dimenticare il pre-giudizio, che ognuno di noi ha per forza rispetto a una determinata situazione ma che bisogna provare a mettere da parte per osservare le cose così come sono.

Se i fatti sono complessi, osservarli da diversi punti di vista e studiarli per comprenderli. Trascriverli nel loro corretto ordine temporale. Tagliare il testo di fronzoli e orpelli. Rileggere. Qualcuno potrebbe obiettare che in questo modo la narrazione si fa fredda e distante. In realtà, è vero il contrario: una penna brillante si esalta in una scrittura asciutta.

Ricordo che il primo anno di liceo il nostro professore di italiano non ci fece fare neppure un tema. Soltanto riassunti. Per scoprire il dono della sintesi. È lì che sta la bussola del giornalista: nella sintesi si trova la verità. Più i fatti sono fedeli a se stessi, scevri del pregiudizio di chi li racconta, e più sono vicini alla verità. Ecco perché non è vero che un giornalista non deve parteggiare. Egli ha l'obbligo di parteggiare: per la verità dei fatti. Che spesso è scomoda anche per chi scrive, perché magari non corrisponde all'idea della realtà che questi si era immaginato.

A volte si sentono gli stessi colleghi dire: "io sono un giornalista di sinistra" oppure "io sono un giornalista di destra". Che senso ha questa affermazione? Che si analizzano i fatti con le lenti della sinistra o della destra? Si può essere di sinistra o di destra, ma quando si indossano i panni del mestiere occorre essere scientifici, ovvero fedeli alla scienza della scrittura e alla deontologia del giornalismo. È come se un chirurgo, in sala operatoria, affermasse: "sono un medico di sinistra/destra". Quale contributo, se non negativo, potrebbe portare questa convinzione all'operazione che costui si appresta a compiere? Sarebbe importante ricordare a noi stessi il valore della professione, anche per restituirle dignità oltre che per fare un giornalismo di spessore che aiuti la società a progredire.

L'autorevolezza del giornalista è tale se il lettore ha la percezione di leggere qualcuno e qualcosa che alzi il livello, che non parteggi per una posizione che già conosce ma che lo aiuti a capire meglio le posizioni in campo per maturare uno spirito critico e farsi un'opinione da libero cittadino. Se un organo di informazione o un giornalista parteggia per un partito o per un gruppo di potere o per altro, tanto vale che il lettore vada a documentarsi direttamente alla fonte. Quale valore aggiunto porta il giornalista in questo caso? Nessuno, fa solo danno ingannando i cittadini, screditando la professione e dando ragione indirettamente a chi sui social si improvvisa narratore e si autoproclama giornalista.

Ecco perché è importante riscoprire le fondamenta di un giornalismo che sia politico, ovvero che contribuisca alla vita della polis, ma non partitico, riflettere sui concetti di parteggiare o non parteggiare, ricordarsi che a volte la penna ha il potere di un bisturi: essa può contribuire a salvare o a uccidere una vita, in questo caso quella di una società che per evolversi ha bisogno di un giornalismo libero, plurale, amico della verità dei fatti.

Ultima modifica: Gio 24 Ago 2017