29/12 - L'isola dei cassintegrati, come i giornalisti raccontano la crisi e come la affrontano. Storia di un Natale diverso.

Col nostro esempio abbiamo cambiato le nostre vite, la nostra sorte avversa e forse, chissà, anche la sorte di qualche altro lavoratore che, vedendo il nostro esempio, ha pensato che si può ancora lottare. Si deve ancora lottare. Facciamolo tutti assieme, lavoratori e studenti”. Era il 25 dicembre 2010 quando i lavoratori cassintegrati della Vinyls, industria decotta del Polo chimico di Porto Torres, lanciarono questo messaggio di Natale dall’isola dell’Asinara.

In Tv era appena iniziato il reality show “L’isola dei Famosi”. Per questo, con una mossa comunicativa ben studiata da un blogger del nord Sardegna, l’Asinara fu ribattezzata “l’isola dei cassintegrati”. Per combattere la loro battaglia in difesa del posto di lavoro gli operai della Vinyls, dopo aver occupato la Torre Aragonese di Porto Torres, avevano infatti occupato l’isola in cui i giudici Falcone e Borsellino anni prima avevano preparato l’istruttoria del maxi processo a Cosa Nostra nell’aula bunker di Palermo.

Dall’Asinara, quel 25 dicembre di sette anni fa, partì dunque quel messaggio di auguri natalizi. Era - spiegavano gli operai - “il messaggio di chi non vuole arrendersi, di chi non vuole chinare la testa, un messaggio di ribellione ad un sistema che tratta l’uomo come un numero, il lavoro come un mezzo e non un fine. E’ stata la nostra un’esperienza, pur nella disperazione e nella sofferenza, esaltante, che ci ha fatto conoscere persone straordinarie come i nostri colleghi Vinyls di Porto Marghera che hanno trascorso undici notti al ghiaccio a 160 metri di altezza sulla torcia dello stabilimento veneto - scrivevano i lavoratori -. Un’esperienza che non dimenticheremo mai, un’esperienza che ha visto tanti ragazzi trasformarsi in questi mesi in veri uomini. Non sappiamo ancora se vinceremo questa battaglia - concludeva il messaggio - ma almeno ci abbiamo provato, e di questi tempi, forse, significa già molto”.

Pur essendomi più volte occupato di quella vertenza sindacale per conto del quotidiano in cui lavoravo a Cagliari, quel Natale non scrissi neppure una riga del messaggio di speranza che proveniva dall’isola dei cassintegrati. Non lo feci perché tre mesi prima il giornale, a causa di una discutibile gestione finanziaria oggetto negli anni successivi anche di un’inchiesta giudiziaria, aveva smesso le pubblicazioni. Insieme a oltre centoventi colleghi, tra giornalisti, poligrafici e amministrativi, ero finito anch’io in cassa integrazione.

Ricordo che insieme a uno o due altri colleghi giornalisti partecipai per qualche settimana al presidio della sede cagliaritana del giornale organizzato dai grafici e dai colleghi dell’amministrazione. Tutti gli altri giornalisti erano scomparsi, per un motivo o per l’altro. Ognuno stava cercando da solo la propria strada per risollevarsi dal crac. Chi rivolgendosi ai suoi amici potenti, chi organizzando una ripartenza del giornale all’insaputa degli altri, chi chiedendo ospitalità ai giornali concorrenti. Nessun segno di unità, nessuna volontà di difendere con le unghie e i denti il posto di lavoro. Nessun tentativo di alzare la testa. Una resa incondizionata.

I giornalisti hanno il dovere di raccontare la precarietà del mondo del lavoro, le battaglie degli altri lavoratori per difendere il posto, la disoccupazione e i crac aziendali e finanziari. E il più delle volte lo fanno con grande puntualità.

Meno di frequente, però, sono in grado di raccontare in maniera altrettanto efficace la precarietà, l’ingiustizia, la sperequazione e la disoccupazione quando riguardano lo stesso mondo dell’informazione. E difficilmente, tranne alcuni sporadici casi, riescono ad affrontare uniti le avversità e le crisi.

Non si vuole, in questa sede, recriminare sul passato. Eppure certi episodi possono raccontare più di tante parole il nostro modo di affrontare le difficoltà.

Per questo credo che sarebbe stato bello, quel Natale di sette anni fa, poter scrivere anche noi giornalisti un messaggio di lotta e di speranza con le stesse parole degli operai della Vinyls di Porto Torres che trascorsero le festività nell’isola dei cassaintegrati lontano dalle loro famiglie: “non sappiamo ancora se vinceremo questa battaglia ma almeno ci abbiamo provato, e di questi tempi, forse, significa già molto”. Sarebbe stato anche quello un esempio di coraggio e dignità per tutti gli altri lavoratori in difficoltà.

nella foto una manifestazione di protesta in Sardegna

Ultima modifica: Gio 28 Dic 2017