Papa Francesco: la verità è il miglior antidoto alle fake news, giornalista sia 'custode delle notizie'

Amare la verità vuol dire non solo affermare, ma vivere la verità, testimoniarla con il proprio lavoro”. Era il 22 settembre 2016 quando Papa Francesco pronunciava queste parole rivolgendosi al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti italiani, ricevuto in udienza in Vaticano assieme a numerosi operatori dell’informazione. Un tema, quello della ricerca della verità nell’informazione, da sempre a cuore al Pontefice, e che ora assume ancora più forza, essendo ad esso dedicato il Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali di quest’anno.

Pubblicato il 24 gennaio, nella festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il documento ha per titolo “La verità vi farà liberi. False notizie e giornalismo di pace”. Il Papa sceglie dunque di confrontarsi con un argomento di stretta attualità (basti pensare alle recenti dichiarazioni del fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg e alle prese di posizione del Parlamento Europeo sulle fake news), ma che ha tuttavia radici antiche, anzi primordiali. Il Messaggio sottolinea, infatti, che alla base delle notizie false c’è la “logica del serpente”. Francesco ritorna al Libro della Genesi per affermare che il tentatore è in qualche modo l’“artefice della prima fake news”. Con le sue parole, infatti, il serpente “assume una parvenza credibile” e seduce il “cuore dell’uomo con argomentazioni false e allettanti”. Ecco perché, avverte Bergoglio, “nessuna disinformazione”, da allora in poi, “è innocua”.

Come allora contrastare questa apparente inarrestabile viralità delle fake news, accelerata in modo esponenziale dai social network? Francesco va dritto al punto: la responsabilità di porre un argine al contagio è innanzitutto dei giornalisti, degli operatori dell’informazione, chiamati ad essere - con un’immagine efficace e poetica al tempo stesso - “custodi delle notizie”. Il Papa indica anche un antidoto a questo virus: la ricerca della verità. Non di una verità asettica, “fredda”, algoritmica. Ma di una verità che, innanzitutto, sia rispettosa delle persone. La disinformazione nelle sue diverse forme, ammonisce Francesco, punta infatti allo “screditamento dell’altro”, alla “sua rappresentazione come nemico”. E osserva giustamente che questo fenomeno non è quasi mai spontaneo (non lo è mai stato), ma affonda le sue radici “nella sete di potere” che “si muove di falsità in falsità per rubarci la libertà del cuore”.

Per contrastare le fake news, possiamo riassumere, è necessario allora ricercare la verità, custodire la notizia e rispettare le persone. In un ambiente mediatico sempre più concentrato sui dati di ascolto (a scapito del contenuto), il Pontefice rammenta quindi che “al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone”. Francesco muove anche un passo ulteriore e propone, anzi lancia un vero e proprio appello in favore di “un giornalismo di pace”. Non si tratta, tiene subito a precisare, di un “giornalismo buonista”, ma di un giornalismo che rifiuta “gli slogan a effetto e le dichiarazioni roboanti”. Un giornalismo non “servo”, ma “servizio”. Come dovrebbe essere. E come ora ci ricorda anche il Papa.

* L'autore, Alessandro Gisotti, è vaticanista della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede e professore di Teorie e Tecniche del Giornalismo alla Pontificia Università Lateranense.

Ultima modifica: Gio 1 Feb 2018

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