Il 14° compleanno di Facebook e la sfida che pone (oggi) a noi giornalisti. Per garantirci un futuro.

Buon compleanno Faccialibro!
Faccialibro compie quattordici anni e resta il social network più amato e odiato, oltre che più diffuso al mondo con i suoi oltre 4 miliardi di utenti attivi. Era il 2003 quando l'allora diciannovenne Mark Zuckerberg iniziò le prove tecniche di trasmissione per mandare in rete Facemash, il genitore di Facebook.

Zuckerberg riuscì a sfruttare la vulnerabilità delle aree protette della rete universitaria di Harvard per copiare le fotografie degli studenti. In poche ore Facemash registrò centinaia di iscritti prima di essere chiuso qualche giorno dopo dai responsabili dell'ateneo americano.

Il 4 febbraio 2004, anche grazie alla cooperazione del programmatore Andrew McCollum e a Eduardo Saverin che curò gli aspetti legali, nacque il sito thefacebook.com. Sei giorni dopo altri tre studenti di Harvard, Cameron e Tyler Winklevoss e Divya Narendra, puntarono il dito contro Zuckerberg accusandolo di truffa in merito a un servizio di rete sociale chiamato "HarvardConnection.com". Ma questa è un’altra storia e al riguardo sulla nascita e l’evoluzione di Facebook come fenomeno sociale e culturale si può sempre guardare il film The Social Network diretto da David Fincher che racconta la storia dei fondatori di Facebook. Per quanti poi volessero approfondire i numerosi aspetti legati alla nascita di Facebook c’è anche un libro di Ben Mezrich Miliardari per caso - L'invenzione di Facebook: una storia di soldi, sesso, genio e tradimento edito in Italia da Sperling & Kupefer.

Su Facebook e il suo fondatore si è detto tutto e il contrario di tutto, ma resta un dato di fatto al di là di statistiche, percentuali e insight: alle persone-utenti piace essere su Facebook, postare foto, commentare, informarsi e giocare interagendo con gli altri. Chi apre un account, molto spesso senza leggere termini e condizioni di servizio, entra nel mondo del “mi piace” e del “condividere”, dell’upload di video e fotografie, di Canvas, ossia di post immersivi che fanno vivere all’utente un’esperienza a tutto schermo quasi come in una pagina di un sito. Facebook negli anni ha fatto dell’intimismo e del coinvolgimento, sia nel bene che nel male, il suo punto di forza.

Per questo Facebook resta al centro del dibattito culturale internazionale e nazionale. Per la sua capacità di fare community, di fare gruppo attorno agli interessi più svariati generando non poche polemiche come quelle, a giusta ragione, innescate nel 2017 attorno alla necessità di combattere la diffusione delle fake news e di rimuovere contenuti razzisti e violenti da uno strumento che molto spesso è capace di amplificare un contenuto e influenzare gli utenti – specie quelli che hanno una bassa percentuale di discernimento - che lo popolano.

Oltre ad essere un fenomeno sociologico e di psicologia sociale, Facebook è anche al centro delle preoccupazioni di molti editori dei cosiddetti media tradizionali. Tra i principali timori che affliggono gli editori per il 2018 secondo il report Journalism, media and technologies trends and prediction 2018 realizzato da Nic Newman per conto del Reuters Institute for the Study of Journalism ci sono nell’ordine: il potere delle piattaforme internet e social (21%); l’incapacità di saper innovare i processi interni (20%); i cambiamenti in atto nell’ambiente in cui operano (19%); il timore di sbagliare strategia (18%); la resistenza interna al cambiamento (17%). Ma il dato più indicativo è quello relativo al 44% dei media che è preoccupato dal potere dei social, un dato che sale al 55% se si considerano gli editori, che sono più spaventati da Facebook che da Google.

Facebook, dunque, a distanza di quattordici anni dalla sua nascita, fa paura. I motivi sono tanti, ma da questo studio ci sono due elementi che andrebbe la pena osservare e studiare anche all’interno delle redazioni: quello che riguarda l’incapacità di innovare i processi interni e di superare la resistenza interna al cambiamento. In pratica quel cambio di mentalità necessario affinché i giornalisti e le redazioni in genere prendano in mano il governo degli strumenti, a partire da Facebook e da tutti gli altri social network, iniziando a produrre giornalismo e informazione di qualità anche dentro di essi. Solo così potranno essere combattute le fake news. Solo così la paura passerà.

Ultima modifica: Dom 4 Feb 2018

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