Con occhi di donna scrivere libri (e fare comunicazione)

Anche fare libri è un mestiere di cura. Che richiede passione, competenza, sensibilità. Tenacia. Capacità di resistenza (e rivolta). E amore. Forse anche per questo la “filiera del libro d’autrice” si declina, spesso, al femminile.

E non soltanto perché – come è ormai noto da decenni – le donne sono le maggiori consumatrici di cultura, e le lettrici più forti, fin da bambine, in un Paese come il nostro dove ancora un italiano su due non legge. Con una grave ferita per la tenuta della democrazia e della coesione sociale. Moltissime, poi, sono le libraie, bibliotecarie, autrici, studiose, giornaliste, artiste ed editor di gruppi composti quasi esclusivamente da esponenti del “secondo sesso”, o con donne ai vertici editoriali: in vistosa controtendenza rispetto all’annosa (e tuttavia irrisolta) questione del “soffitto di cristallo”.

Ma con quanta reale visibilità del loro ruolo, nel mainstream comunicativo? E con quali concrete ricadute - non soltanto sociali e culturali - di un capillare, faticoso lavoro intellettuale di elaborazione, comunicazione e (in)formazione tanto complesso quanto, purtroppo, non sempre adeguatamente (ri)conosciuto, al di fuori di ristrette cerchie di specialisti e/o appassionati e ben oltre gli steccati ghettizzanti dei (pre)giudizi ideologici?

In occasione dell’8 marzo, sono domande che sorgono spontanee, soprattutto per aggirare il rischio della retorica rituale delle celebrazioni (e proteste) inevitabilmente legate alla giornata internazionale che dovrebbe onorare quel “genio femminile” esaltato, tra gli altri, dalla lettera apostolica di Giovanni Paolo II «Mulieris Dignitatem» ma – di fatto – costantemente disatteso nella realtà quotidiana, sia nel mondo laico sia in quello religioso: come può confermare, per fare un solo esempio, la recente polemica scaturita dalla denuncia dell’inchiesta sul lavoro “di mortificante sfruttamento” delle donne consacrate ad un alienante accadimento alla stregua di colf, per giunta non pagate, da parte di alti prelati – ripresa anche da alcuni giornali internazionali – firmata dalla giornalista francese Marie-Lucile Kubacki e pubblicata sul numero di marzo del mensile dell’Osservatore Romano «Donne Chiesa Mondo», diretto dalla storica e femminista Lucetta Scaraffia. Con cui fa il paio il recente «Manifesto per le donne nella Chiesa» lanciato da una trentina di donne di varie realtà ecclesiali di tutta Italia, poi pubblicato e sottoscritto da molte altre che condividono le sue rivendicazioni di assertività, libertà, alleanza femminile e rispetto di un impegno “dentro le relazioni”, a colmare un ritardo che Papa Francesco stesso ha più volte riconosciuto, con la ripetuta necessità di «dar vita a una teologia della donna».

Ma tornando al mondo laico, e alla premessa dalla quale si partiva, merita allora una particolare attenzione «Feminism», la prima edizione della Fiera dell’editoria delle donne, che apre proprio dall’8 marzo (fino a domenica 11 marzo) a Roma, nel Palazzo del Buon Pastore, ex Reclusorio seicentesco per donne e dagli anni ‘70 storica sede, nel cuore di Trastevere, della Casa Internazionale delle Donne (in via della Lungara 19). Perché per quattro giorni, con un programma (consultabile qui) fitto di incontri, confronti, dibattiti e focus di approfondimento (e aggiornamento) su temi attuali e sulla produzione culturale contemporanea femminile e femminista, sarà in sostanza protagonista, in circa 70 stand e in vari siti del Palazzo, una narr/azione corale inedita.

Una polifonia di voci di donne (scrittrici, traduttrici, editrici, bibliotecarie...) che non si arrendono. E che vogliono rimettere al mondo il mondo con l’energia del loro pensiero poetante, del loro corpo, delle loro prassi relazionali, dei loro desideri e delle loro visioni: culturali, sociali, politiche. Non senza uno sguardo diacronico, offerto anche da una mostra documentaria curata da Archivia (Archivi, Biblioteche e Centri di documentazione delle donne) che ha ideato, promosso e organizzato la rassegna con la rivista mensile «Leggendaria», con la Casa Internazionale delle Donne e con «Sessismoerazzismo» (collana di Ediesse), con il sostegno di Odei (Osservatorio degli Editori Indipendenti) e di Iacobelli Editore.

Un appuntamento inedito e necessario, in tempi di risorgenti chiusure particolaristiche, efferati e inarrestabili femminicidi, analfabetismi affettivo-emotivo-sentimentali, arretramenti politico-culturali e povertà educative d’ogni sorta: per un sano e costruttivo esercizio di critica. Con occhi di donna. Che – nelle intenzioni delle organizzatrici – vuole addentrarsi anche nel senso delle scelte editoriali, della stesura dei testi, della produzione, distribuzione e dell’attività critica e divulgativa di testate (cartacee e on-line) specificamente dedite a questi temi, e non solo. Al suo non casuale debutto in una data celebrativa tanto simbolica quanto abusata - e di fatto delegittimata, dalle cronache di ordinaria follia femminicida e diseguaglianza di genere - la Fiera infatti non interpella solo sullo stato dell’arte del femminismo con tutte le sue questioni aperte, controverse e conflittuali, ma offre pure uno spaccato significativo di certa letteratura come storiografia, e come politica. Riverberata da quanto affermava Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé: «La poesia ha bisogno di una madre, oltre che di un padre».

Ultima modifica: Mer 7 Mar 2018