Marchionne, i social e l'incoerenza di chi li ritiene sempre una 'zona franca'

Le notizie che via via si susseguivano sulle condizioni di salute di Sergio Marchionne hanno provocato, com’era prevedibile, un diluvio irrefrenabile di tweet e post. I toni presto si sono alzati, e al sacrosanto diritto di critica si è sostituito in molti (troppi, in verità) la voglia di insulto e di macabro sarcasmo.

Non c’è niente di nuovo, certo, ma proprio per questo si impone una riflessione: davvero sui social tutto è lecito? Quella può essere considerata sempre una ‘zona franca’? Senza regole, senza controllo? E, soprattutto, senza responsabilità?

Io credo che i giornalisti (e le testate nelle quali lavorano) siano tutt’altra cosa e quindi sia comprensibile che per loro debbano valere le regole di correttezza, trasparenza, verifica delle fonti che invece potrebbero non essere applicabili per la rete (se non altro per una questione di praticità). Sono altresì convinto che la nostra categoria (quella dei giornalisti) abbia commesso troppi errori, tanto da diventare nel tempo molto meno credibile (e certo questa è una colpa grave). Il dibattito è globale, queste poche righe non hanno certo la volontà di esaurirlo o dare indicazioni.

Però vorrei rivolgermi a tutti coloro che hanno l’idea che internet e i social abbiano dignità giornalistica, alla stregua di un giornale o di una tv. Con lo stesso criterio dovrebbero dire che il principio della responsabilità si applica anche ad essi. Quindi, se insulto vengo punito. O, meglio, oscurato. Questa non è censura, è coerenza.

Foto: Avvenire

Ultima modifica: Sab 21 Lug 2018