Il piccolo miracolo de 'I migrati'. E l'altissima posta in gioco sul linguaggio con cui raccontiamo l'immigrazione

Torna oggi la nostra rubrisca settimanale #deskdelladomenica. E, visto che il nuovo rapporto sull'immigrazione (leggi qui) sarà incentrato sul 'linguaggio' con cui si descrive questo fenomeno, abbiamo ripreso il contributo di un giornalista del Tg2 per la nostra rivista Desk (2017) Angelo Figorilli è uno degli autori de 'I Migrati', diretto da Francesco Paolucci e prodotto dalla "Comunità XXIV luglio - handicappati e non". Nella storia quattro ospiti della comunità si improvvisano giornalisti e girano su un pulmino per i paesi dell'appennino che accolgono i migranti. Fanno domande a loro, ai vecchi in piazza, discutono durante il viaggio. E alla fine il loro stupore ingenuo e diretto sembra dipingere il ritratto inedito di una Italia migliore di quella impaurita e arrabbiata che siamo abituati a raccontare ogni giorno (ndr)

Angelo Figorilli

Inutile girarci intorno, la questione immigrazione è stata e sarà la battaglia comunicativa di questi anni, in Italia e non solo. Raccontare la complessità di un fenomeno che coinvolge milioni di persone, di storie, di destini, di vite, raccontarlo tenendo assieme la razionalità dei numeri e le emozioni che provoca non è facile, registrare i sentimenti che suscita, delinearne il contesto senza cedere alla facile tentazione di drammatizzare, di soffiare sul fuoco della paura per il diverso e lo straniero, ancora di più. Soprattutto per un sistema dei media ormai strutturalmente incline alla disperata ricerca del click o dell’ascolto, avviato per inerzia a ridurre ogni problema complicato alla sua versione urlata e ai colori forti, specchio di una politica ormai abituata a sopravvivere e a decidere sulla base delle stesse semplificazioni tradotte in sondaggi.
Guardare in faccia la realtà

Tutto questo ha prodotto e produce una narrazione mainstream che vede impegnati grandi giornali e Tv a raccontare il fenomeno migranti in termini di “invasione” più o meno da respingere e di integrazione come impegno etico, sì, ma subordinato ad enunciazioni tanto reiterate quanto superficiali e mai documentate, come “non possiamo accoglierli tutti”.

Ebbene, se questo è il pessimo stato delle cose, tanto più dobbiamo essere consapevoli invece che la posta in gioco è altissima. Sulla battaglia del come raccontare l’immigrazione si gioca anche e soprattutto la possibilità di fermare la deriva di una opinione pubblica costruita su sentimenti ed emozioni piuttosto che su fatti e pensieri razionali: se certa politica ha già scelto la scorciatoia alla ricerca di consenso, l’informazione deve ritrovare invece la forza di affrontare la realtà, guardarla in faccia, ascoltarla senza pregiudizi, senza temere il rischio di un racconto poco suggestivo. Deve farlo, non solo perché il suo compito è costruire una opinione pubblica informata, che è la base della democrazia, ma anche perché la realtà, guardata con occhi sinceri, alla fine stupisce sempre e a volte addirittura è capace di piccoli miracoli narrativi.

I migrati
Il documentario I migrati è uno di questi. Lo dico senza presunzione ma con lo stupore di chi ne ha incrociato quasi per caso i protagonisti, scoprendo la straordinaria miscela prodotta dal lavoro appassionato di una comunità aquilana formata da volontari e disabili, che decide di far raccontare a quattro dei suoi ospiti, trasformati in giornalisti, l’accoglienza degli immigrati nei piccoli comuni degli Appennini. Gianluca, Benito, Giovanni e Barbara partono per due settimane con taccuino, telecamera e microfono e il loro viaggio a bordo di un pulmino si trasforma in un road movie, dove i luoghi comuni vengono smascherati con la forza di uno sguardo puro sui fatti e sulle persone.

Quando Gianluca chiede ad un ragazzo africano che prova a spiegargli la sua fede mussulmana «ma allora ce l’avete anche voi un Dio, come noi?» o Benito domanda «che cosa è il ratatan?» al giovane mediatore culturale e lui sorride e senza battere ciglio spiega come funziona il loro mese di digiuno religioso, ecco, scene così vanno dritto al cuore ma fanno riflettere anche noi giornalisti. L’essenza stessa del nostro mestiere, affrontare ogni storia senza pregiudizi, senza sapere come va a finire, ricordarsi che le domande sono lo strumento principe della nostra professione; ebbene, il documentario I migrati ha anche questo pregio. In più però, aggiunge l’incanto di due fragilità che si incontrano, disabili e migranti, due fragilità entrambe diventate forti nel combattere le avversità della vita, che si annusano e si riconoscono, si aprono e si ascoltando vicendevolmente.

La scoperta di un’altra Italia
E poi si scopre che c’è un’altra Italia, diversa da quella che raccontiamo ogni giorno sui giornali e in Tv e che urla il disagio delle periferie e lo trasforma in razzismo più o meno strisciante, c’è un Italia dei piccoli paesi che accoglie, senza nascondersi i problemi, ma con il cuore aperto, come testimoniano le due signore intervistate dai nostri quattro reporter speciali, che dicono «in fondo siamo mamme e anche loro sono figli e chissà quanta nostalgia hanno della loro casa e del loro paese».

Alla fine questo è I migrati, l’irrompere del buon senso e dell’ascolto attraverso le domande di chi pensavamo debole e in difficoltà per definizione e che invece col suo sguardo ci illumina. Ma è impossibile qui ̶ e nemmeno giusto ̶ raccontarvi tutte le tappe di questo viaggio. Quello che bisogna aggiungere, invece, è che la semplicità e la purezza del racconto non sono frutto di improvvisazione né dal punto di vista tecnico né editoriale. Attorno ai quattro ragazzi disabili hanno ruotato volontari che erano video maker professionisti, la produzione del documentario è stata realizzata con grande professionalità da altri volontari, il prodotto finale quindi può essere guardato e giudicato anche con lo sguardo severo di chi per mestiere si occupa di queste cose.

Dalla vita al piccolo schermo alla vita
Cosi è stato per I migrati, che alla fine ha compiuto un altro piccolo miracolo. Visionato sia dalla Rai ̶ attraverso il Tg2 che ha per primo scoperto questa esperienza ̶ che da TV2000, è stato acquistato da entrambe le televisioni e presentato in una conferenza stampa congiunta.
I migrati ha vissuto la sua vita fatta di proiezioni e di festival, piccoli e grandi, e fa parte di quella battaglia che tutti ci riguarda: raccontare il fenomeno dell’immigrazione come una delle grandi storie che cambieranno questo Paese.

L'autore, Angelo Figorilli, è un giornalista Rai e ha partecipato all scuola "Giancarlo Zizola" dell'Ucsi

Ultima modifica: Sab 22 Set 2018

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