L'incontro in carcere e tre dubbi che assillano un giornalista

“Ergastolo: tutti ne parlano ma nessuno lo conosce. L’impegno per un’informazione deontologicamente corretta”. È il titolo del seminario formativo organizzato martedì 25 settembre nella sezione di alta sicurezza del carcere di Parma da Carla Chiappini dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna in collaborazione con 'Ristretti Orizzonti.' Tra relatori gli stessi ergastolani. Tra i partecipanti anch’io. Qui qualche pensiero in libertà.

Una penna, un taccuino, un cartoncino verde plastificato con le scritta “visitatori” sono gli unici oggetti che posso portare con me. Il cellulare è vietato, idem la macchina fotografica. Entriamo tutti insieme alle 9 e ne usciamo, sempre in gruppo, sei ore dopo con tante domande e poche risposte. Almeno per me perché qualche collega non ha dubbi: «questi sono ergastolani, assassini. E si lamentano per ‘fine pena mai’? Vogliono dei premi?». “L’uomo immobile” - ci dicono nel corso del seminario - è quello considerato cattivo per sempre. Ma è davvero così dopo 20, 25, 27 anni recluso? (primo dubbio).

Se sono detenuti in alta sicurezza un motivo ci sarà. Vero. Eppure, ascolti le loro storie e scopri vicende giudiziarie che, al netto di sentenze definitive e ammissioni di colpa, hanno percorsi non sempre lineari. Esempio: qualcuno ha saputo di avere un ergastolo ostativo - fine pena mai - dopo più di dieci anni di reclusione. È giustizia questa? (secondo dubbio).

Poi arriva la domanda, legittima, di una collega: «La mamma di Tommaso Onofri - il bimbo di 17 mesi ucciso a Parma nel 2006 - ha detto che il vero ergastolo sarà il suo. Alle vittime nessuno ci pensa?». Risposta di Giorgio Bazzega, figlio del maresciallo Sergio Bazzega ucciso dal Br Walter Alasia nel ’76: “Alle vittime non va mai chiesto che giustizia vogliono. Non sono loro a dover rispondere, è lo Stato che deve prendersi questa responsabilità”.

Uno Stato che in molti casi non adempie ai suoi doveri perché l’art. 27 della Costituzione è spesso disatteso nella parte (ma non solo) in cui non prevede la rieducazione del condannato. Eppure. Eppure i numeri che spesso noi giornalisti comunichiamo più con la pancia che con la testa sono lì a testimoniare che solo poco più del 5% - dati 2017 - delle misure alternative vengono revocate. Faccio mia una domanda emersa nel convegno: è il carcere che sta nella Costituzione o la Costituzione che sta in carcere? (terzo dubbio).

P.S.: avrei voluto scrivere altro e in altro modo. Pazienza. Spero possa servire come spunto di riflessione. Almeno due consigli di lettura: la lezione di Aldo Moro sull’ergastolo datata 13 gennaio 1976 (pubblicata sia da Cacucci sia da Ediesse), l’antologia di scritti di Alessandro Margara (curata dalla Fondazione Michelucci).

Ultima modifica: Lun 1 Ott 2018