Sinodo/1 - 'Il mio viaggio tra i giovani coetanei e le loro storie così diverse'

Sinodo sui Giovani/1 - Giovani giornalisti raccontano per il nostro sito come vedono e vivono la realtà dei loro stessi coetanei. Alberto Galimberti ha scritto "E'una chiesa per giovani?"(ed. Ancora, 2018), e noi gli abbiamo chiesto un piccolo contributo (ar)

Sdraiati, indifferenti, ostili alla Chiesa cattolica, dimentichi della fede.

Pur andando per la maggiore, la “sociologia” sui giovani non mi convinceva del tutto: pigra, scontata, caricaturale.
Così, cogliendo al volo la proposta di stendere un testo per Ancora, armato di penna e registratore, spogliato di pregiudizi e filtri, ben disposto all’ascolto, li ho incontrati.
È stato un viaggio fecondo. Un itinerario impreziosito sì dai colloqui intavolati con Alessandro D’Avenia, Franco Garelli, Chiara Giaccardi e Alessandro Rosina, ma reso unico dalle storie che ne hanno intessuto la trama.
Storie ciascuna diversa dall’altra, ma accumunate da due dimensioni: la vocazione e il movimento.

La storia di Gabriele che, invece di raccogliere il testimone dell’impresa di famiglia, sceglie la via del sacerdozio.
Francesca Mapelli, già vicepresidente di Azione Cattolica, che mi ha raccontato la sua esperienza di Adoro il lunedì oltreché di dottoranda all’estero, dove affiorano insieme il carattere dell’universalità e della quotidianità del cattolicesimo.
Sara e Fabio, che lavorano con i rifugiati riconoscendo nell’educazione cattolica uno snodo cruciale della propria formazione, sebbene da tempo non frequentino più le liturgie, infastiditi dalle contraddizioni con il dettato evangelico.
Ivan, bestemmiatore incallito, risucchiato da un’adolescenza furoreggiante, che si è convertito, sgranando un rosario e pronunciando a fior di labbra il nome di Maria, madre.
Marco, giornalista dai pensieri affinati, volontario in reparto di pediatria, che, dopo aver vinto il tumore al cervello, continua a ritenere il mondo senza senso: troppo crudele per concepire l’esistenza di un Dio amorevole.
Laura, nata da un rapporto extraconiugale, sopravvissuta a maldicenze, ostracismi, giudizi farisaici, nonché alla morte del padre, che trova nella fede un’ancora di salvezza, rinfoderando la tentazione del rancore, lasciandosi rapire dalla bellezza della vita che “è il baluardo contro il nulla”, come dice Alessandro D’Avenia nella sua intervista.
Davide, che le peripezie della vita hanno spinto in Australia e non stima la Chiesa, sfregiata dall’operato dei preti pedofili, tuttavia afferma di fare silenzio quando deve chiedere aiuto.
Storie come quella di Maria Grazia Furlan, che ha scovato nella bellezza la propria vocazione – l’amore per la musica e il canto – un talento da non blindare nel segreto di una camera, bensì da condividere con gli altri, suonando note di felicità sullo sparito di Dio.

Una sintesi alla fine del viaggio e all’inizio del Sinodo sui Giovani?
In una società connotata da legami fragili, identità frammentate, precarietà lavorativa ed esistenziale e un futuro nascosto, i giovani, rimescolio di slanci e inabissamenti, sono resilienti, non rassegnati.
Non disertano il destino cui sono chiamati, anche quando assesta loro colpi micidiali, da lasciare annichiliti.
Sono in cammino sulle tracce della felicità e (di Dio), provando a riacciuffare speranza e futuro. Non accettano la fede a scatola chiusa, piuttosto invocano coerenza e autenticità: perciò seguono Papa Francesco.
La storia di Gesù, proposta senza orpelli e intransigenze di sorta, li può attrarre ancora.
Praticanti e non. Vicini e lontani.
Il Sinodo dei Giovani pone tra i suoi presupposti anche questa missione da svolgere.
Difficile, ma non impossibile.

Ultima modifica: Ven 5 Ott 2018