Tante guerre accanto a noi eppure non le vediamo

Sapete quanti sono i conflitti nel mondo? 378 (nel 2017) e molti di questi sono quasi completamente ignorati dai media.

Venti in particolare sono guerre ad elevata intensità che coinvolgono quindici Paesi. E’ vero, negli ultimi anni si è verificato un decremento del 7,6%, eppure tra la popolazione occidentale (e italiana in particolare) c’è una sorta di indifferenza piuttosto elevata sull’esistenza di tutte queste situazioni drammatiche. Lo scrive il sesto rapporto di Caritas Italiana sui conflitti dimenticati nel mondo, pubblicata dal Mulino, con la collaborazione di Famiglia Cristiana, Avvenire e ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur).

Il Rapporto è stato presentato a Roma, in occasione del 70° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Il focus dell’edizione 2018 è su armi e armamenti: la produzione il commercio delle armi; il loro peso nel determinare i conflitti; il valore e il significato culturale delle armi nella cultura contemporanea, in particolare riguardo al mondo della comunicazione e della stampa; il grado di consapevolezza dei giovani e degli adulti.

Il tipo di conflitto più diffuso nel mondo non è comunque la guerra ad alta intensità, ma la “crisi violenta”: 186 situazioni, pari al 49,2% del totale dei conflitti mondiali. Sono soprattutto in Asia e Oceania (59 situazioni), e in Africa sub-sahariana, con 48 crisi. In seconda posizione si collocano le “crisi non violente”: 81 situazioni, pari al 21,4% di tutti i conflitti, seguiti a brevissima distanza dalle “dispute” (75 situazioni, pari al 19,8% del totale dei conflitti).

Le guerre sono state 36, divise al loro interno in “guerre limitate” (16 guerre) e “guerre” vere e proprie in 20 fronti di conflitto, in riferimento a 15 Paesi coinvolti.
Sulle armi metà degli italiani chiede di limitarne la produzione. Metà degli intervistati dalla Swg (60% tra i giovani), sarebbe favorevole a limitare la produzione italiana, evitando soprattutto di esportare armi laddove c’è guerra, mentre poco meno di un terzo ritiene che si tratti di un tipo di industria che andrebbe soppressa e riconvertita in altri tipi di produzione. Due terzi degli intervistati ridurrebbe anche la vendita di armi a persone o enti privati.

Dalla rilevazione tra gli studenti risulta inoltre che la grande maggioranza dei ragazzi considera la guerra come un “elemento evitabile”, da superare attraverso il progresso culturale. Inoltre solo il 13% non ritiene giusto accogliere le persone che lasciano la propria terra, in fuga dalla guerra.

Tra gli studenti delle medie inferiori: il 39% non sa indicare neanche una guerra in corso. Nel rapporto sono poi riportati i risultati di un secondo studio condotto su un campione di 1.782 studenti, frequentanti 58 classi di terza media inferiore, presso 45 istituti scolastici, in tutto il territorio nazionale. Il 39,3% dei ragazzi non è in grado di indicare neanche una guerra degli ultimi cinque anni.

Ultima modifica: Mar 11 Dic 2018