Immigrazione, i contenuti del rapporto della Carta di Roma e il ruolo dei giornalisti

Fanno ancora discutere i contenuti del sesto Rapporto della Carta di Roma 'Notizie di chiusura'. Si tratta di un'analisi attenta e precisa, condotta con l’Osservatorio di Pavia, sul modo in cui i media raccontano la realtà dell’immigrazione, che resta centrale nella comunicazione, con le sue “cornici di allarme, sospetto e divisione” A questo tema l’Ucsi ha dedicato un intero numero della propria rivista Desk (2017), che si può ancora richiedere a ucsi@ucsi.it. .

Nel suo saluto, Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi, ha parlato di come il significato di alcune parole sia stato rovesciato nel racconto mediatico. «Vorrei introdurre un modulo di contrasto alle parole d'odio condiviso e obbligatorio per tutti. Tutti dovrebbero conoscere e rispettare la Carta di Roma», rileva.

E’ emerso chiaramente che l'attenzione al fenomeno migratorio è stata maggiore nella tv e minore nella carta stampata. Se insomma ci sono meno riferimenti sulle prime pagine dei principali quotidiani, nei telegiornali di prima serata di Rai, Mediaset e La7, aumenta il numero di notizie: 4058 nei primi dieci mesi del 2018, il 10% in più rispetto all'anno precedente. Solo nel mese di giugno (quello della nave Aquarius) ci sono state 875 notizie, il valore più alto dal 2015 a oggi.

La presenza di immigrati, rifugiati e richiedenti asilo nei notiziari passa dal 7% del 2017 al 16%, ma se ne parla in contesti negativi, come le aggressioni e gli attacchi di matrice razzista e i casi di caporalato e sfruttamento lavorativo.

Interessante anche il monitoraggio delle reazioni sociale agli articoli di giornale. “Notiamo la presenza e la permanenza di un linguaggio apertamente ostile e discriminatorio, declinato in vari livelli, che vanno dagli insulti al turpiloquio, all'apologia della violenza contro un gruppo su base etnica», commenta il ricercatore Giuseppe Milazzo dell'Osservatorio di Pavia.
“Pacchia, crociera, clandestino, la paghetta dei 35 euro, invasione, sono le parole con cui la politica fa la sua propaganda, ma che rimbalzano su tutti i giornali e su tutti i telegiornali, senza contraddittorio”, dice Valerio Cataldi, presidente dell'Associazione Carta di Roma, che prosegue ribadendo la centralità delle parole che «possono trasformare la realtà» soprattutto rispetto ai concetti di responsabilità e di correttezza dell'informazione di chi scrive e riproduce quelle parole.

«La funzione sociale del giornalista è quella di essere arbitro del linguaggio utilizzato – aggiunge il vicedirettore de L'Espresso Lirio Abbate –. Pacchia e invasione sono parole disumanizzanti e anche migrante è diventata una parola politica. Io penso che sia la strumentalizzazione che si fa del migrante a generare paura. Oggi abbiamo paura di avere paura, e questo ci fa fare tanti errori, anche giornalistici».

Ultima modifica: Ven 14 Dic 2018