'Cosa ci rende così arrabbiati?' Le cause e qualche via d'uscita

Si discute molto, anche in Italia, dei fenomeni dell’incitamento all’odio e della disinformazione.

Ne stanno parlando in questi giorni anche i delegati dell’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana, riuniti tra Helsinki e Stoccolma.

nel titolo c’è già il tema: “Cosa ci rende così arrabbiati? Discorsi d’odio, notizie false e diritti dell’informazione”.

I contenuti delle “falsità” cambiano a seconda delle diverse sensibilità e i casi di disinformazione risentono ovviamente delle aree geografiche e delle particolari situazioni politiche.

E’ Impossibile – dicono gli organizzatori - stilare una classifica dei Paesi più a rischio di bugie e disinformazione. Ma c’è qualcosa in comune: “Cavalcare le insoddisfazioni delle persone per diffondere messaggi in grado di destabilizzare gli attuali ordini politici nazionali, colpire le relazioni tra gli Stati, diffondere uno stato di confusione”.

Non è affatto facile contrastare questa disinformazione: “le fake news sono sempre messaggi ‘credibili’, fanno presa sui sentimenti delle persone, sono facilmente accessibili perché viaggiano sui canali social, sono costruiti su paradigmi intellettuali estremamente semplificati e viaggiano a velocità sostenuta, visto che basta un semplice click per rilanciarle”.

Non è la prima volta che l’associazione studia il fenomeno. Due anni fa pubblicò una ricerca sul racconto mediatico del fenomeno dei rifugiati e dei migranti in Europa, prendendo in esame per tre giorni i profili Twitter di giornali, quotidiani online e alcune agenzie stampa di sette Paesi europei. Emersero sensazionalismo e spettacolarizzazione dell’informazione, sempre astratta e anonima:

Si indica però una direzione per uscire da questa situazione. E’ quella di educare a saper distinguere la buona informazione dalla cattiva informazione e a verificare in maniera critica le notizie prima di rilanciarle.

 

Ultima modifica: Ven 12 Apr 2019