Tv locali, l'ultima sfida. Per il lavoro e per il pluralismo

Le televisioni locali sono ad un nuovo importante bivio della loro travagliata esistenza. Il prossimo switchoff al Dvb–T2 (il digitale di seconda generazione) rischia infatti di avere effetti molto più pesanti di quello del 2011.

Da un lato infatti per tutti noi c’è bisogno di cambiare o munire di decoder nuovi i televisori meno recenti per la ricezione del segnale, ma dall’altro, per gli operatori, c’è la necessità di un ulteriore passaggio tecnologico. Che ormai è ineludibile in tutta Europa per liberare la banda per il 5g. Non solo: la riduzione delle frequenze disponibili, nonostante la nuova tecnologia, rischia soprattutto in alcune regioni di ridurre il numero delle emittenti. E di limitare la loro diffusione alle sole aree principali.

Già in questi ultimi anni, in termini di lavoro, le tv locali hanno pagato dure conseguenze. Il numero di addetti è crollato (in qualche caso addirittura si è dimezzato) e molte sono scomparse dall’etere. Ma è l’aspetto del pluralismo e quello di un’informazione di interesse pubblico locale ad essere certamente più rilevanti.

Il ministro per gli affari regionali Boccia, in queste ore, ha affrontato uno dei temi cardine di questo dibattito: “Serve una riflessione molto seria sulla crisi in atto delle tv locali – ha detto- perché hanno assicurato per quasi cinquant’anni pluralismo nei territori e crescita economica di imprese con dimensioni locali. La stessa crisi vissuta nella raccolta pubblicitaria anche dai quotidiani e in generale da chi investe sull’informazione ma poi trova un mercato condizionato dalla raccolta selvaggia delle multinazionali del web e dagli assetti polverosi del vecchio sistema televisivo”.

Il Ministro ha aggiunto che non ritiene più tollerabile un canone interamente assorbito dalla Rai. Alle agenzie ha detto: “Non è solo un problema di prodotto ma di prospettive culturali, sociali ed economiche connesse al lavoro straordinario che oggi fanno molti giornalisti e tantissimi giovani che garantiscono la qualità dell’informazione spesso con un lavoro precario a volte anche a cottimo”.

Ultima modifica: Mer 13 Nov 2019