I giornalisti e la pandemia. Un sondaggio globale svela criticità e pregi

Oltre mille giornalisti di 125 Paesi in questi mesi hanno risposto al maxi sondaggio promosso da International Center for Journalists (ICFJ) e Tow Center for Digital Journalism della Columbia University. Hanno così permesso di evidenziare “ostacoli e minacce allarmanti che il giornalismo deve affrontare durante la prima fase della pandemia”.

Qualche esempio? Il fatto che in molti casi siano proprio politici e funzionari “istituzionali” le principali fonti di disinformazione. Resta però una parte consistente di giornalisti (un terzo del campione) che ha affermato comunque di fare più affidamento su fonti governative e dichiarazioni ufficiali per riferire sulla pandemia.

Inoltre appare evidente che la disinformazione passa soprattutto attraverso Facebook (secondo il 66%). E d’altra parte c’è il 32% che ha affermato di fare più affidamento sulle piattaforme di social media per connettersi con il pubblico.

Il 70% degli intervistati ha evidenziato le difficoltà psicologiche ed emotive nel raccontare la crisi sanitaria.

Il 30% ha affermato che le proprie testate giornalistiche non avevano fornito un adeguato dispositivo di protezione durante la prima ondata della pandemia.

L'81% ha affermato di imbattersi con molta frequenza (almeno una volta alla settimana) in evidenti fake news, e per un quarto (28%) questo accade tutti i giorni.

Nel 20% di casi sono aumentate le “molestie” on line. Il 48% ha avuto difficoltà a consultare le proprie fonti che hanno avuto paura di ritorsioni.

Eppure, la fiducia per il giornalismo di qualità è cresciuta. Lo pensano il 43$ degli intervistati e per il 61% è anche migliorato l’impegno per un giornalismo migliore.

 

Ultima modifica: Lun 26 Ott 2020