Terremoto in Irpinia, il ricordo di Franco Maresca (Ansa)

Quarant’anni esatti dopo la tragedia del terremoto in Irpinia, lo ricordiamo con il la testimonianza del ‘nostro’ Franco Maresca, che allora lavorava per l’Ansa.

intervista a Franco Maresca

Franco, cosa ricordi di quella sera?

Ero a Catanzaro dove stavo seguendo come inviato dell’agenzia Ansa uno dei piu’ tragici disastri ferroviari italiani con decine di morti e feriti. Mi trovavo in albergo insieme ad un buon numero di inviati di diversi giornali quando fummo tutti chiamati dalle nostre redazioni per correre a Balvano, nel potentino, per il terremoto. Ancora non si era compresa (ci vollero piu’ di 24 ore per avere un primo quadro della catastrofe) l’entita’ della tragedia che in 90 secondi rase al suolo decine di comuni dell’irpinia, del salernitano e del potentino.

Dopo oltre 300 chilometri di strade buie e accidentate arrivai all’alba a Balvano dove vidi le prime vittime: un centinaio, quasi tutti bambini, uccisi dal crollo della chiesa dove stavano ascoltando la messa. Una immagine che non ho mai dimenticato.

Si ebbe una percezione reale della tragedia nelle prime ore?

Assolutamente no, anche perche’ a quel tempo non esistevano telefonini e ci vollero diverse ore e i primi filmati della Rai che mostravano comuni rasi al suolo per caprine le dimensioni.

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Come hai seguito quello che accadde? Dove sei stato?

Ho girato senza sosta (riposando, ogni tanto) in auto in qualche piazzola “sicura” e mossa continuamente da scosse di terremoto (piccole e grandi) per una decina di giorni consecutivi. Ho visto perlomeno una trentina di comuni, anche se era difficile raggiungerli perché non c’erano carte geografiche che li segnalavano.

La difficoltà maggiore era quella della ricerca di telefoni per dettare le notizie; ho usato i telefoni di stazioni di carabinieri, di scuole, di stazioni di servizio, quelle poche aperte. Nelle prime ore, pero’ le linee telefoniche erano intasate e non si riusciva a parlare. Considera che per avere notizie della mia famiglia, che era a Napoli, ho dovuto attendere una dozzina di ore e, nonostante questa preoccupazione, ho continuato a lavorare come hanno fatto tanti miei colleghi.

C’è qualche testimonianza che ti è rimasta ancora in mente?

Due sindaci in lacrime e impotenti, di cui non ricordo il nome né il comune, che non avevano ancora visto i soccorsi. Io giunsi per primo da loro (a due giorni dal terremoto!) e segnalai la situazione.

Mi sono rimasti in mente i volti di tante persone che scavano a mani nude nel tentativo di salvare le persone sepolte dalle macerie. Se ci fosse stato un coordinamento nazionale con mezzi adeguati i morti sarebbero stati meno dei tremila del bilancio finale.

Devo anche dire che vidi dopo quasi quattro giorni (una eternità considerando la mancanza di assistenza sanitaria, di viveri, di mezzi per scavare) la prima colonna dell’esercito sulla strada che portava i primi veri soccorsi. Ricordo che il primo a far presente questa grave mancanza fu il presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Ricordo anche bene che a due giorni dal terremoto, in pieno caos con notizie sempre piu’ sconvolgenti sul numero dei morti, giunse prima a Balvano e poi all’ospedale di Potenza il Papa Giovanni Paolo II. Fu una visita ai feriti piena di commozione e stupore. Sino a quel momento nessuna “autorità” si era fatta viva.

 

irpinia avvenire

 

Tu conosci bene la realtà del tuo territorio. Cosa emerse di significativo (e magari positivo) in quei giorni?

La solidarietà. Non ho mai visto tanta gente, anziani, giovani, forze dell’ordine (quelle di stanza in quei comuni) lavorare uno accanto all’altro in un silenzio quasi spettrale per salvare vite. E mi ha colpito dopo, molto dopo, con l’inizio delle varie fasi della ricostruzione, vedere la gente vivere in baraccopoli senza più la “ storia” del proprio paese e con i morti nel cuore.

La protezione civile non c’era ancora in Italia, quello fu lo stimolo per costruirla. Ma neppure i giornalisti erano abituati a raccontare disastri come quello. Eravate impreparati? Come reagì il sistema dell’informazione?

Da questa catastrofe nacque, dici bene, la protezione civile e ,con Zamberletti che ne fu il primo capo, nacquero anche i poteri speciali senza i quali nessuna ricostruzione sarebbe stata possibile.

I giornalisti, credo, fecero bene il loro mestiere anche se in mezzo a mille difficoltà. Riportarono la voce della disperazione della gente raccontando mille episodi, denunciando inadempienze, facendo capire sin dalle prime ore che il terremoto era stato devastante e che aveva interessato decine di chilometri quadrati del sud, sollecitando interventi, riportando appelli, testimonianze.

Un giornalismo dei fatti veri, credo, fatto con mezzi poveri (taccuino, penna e gettoni telefonici) che rende onore alla nostro professione che oggi sta perdendo troppo la sua dimensione etica.

Ultima modifica: Lun 23 Nov 2020