Cinque buoni motivi per seguire (e raccontare) gli Europei di calcio

Finalmente si gioca... venerdì 11 giugno prenderà il via la 16esima edizione dei Campionati Europei di calcio, senz’altro più unica che rara sia perché da Euro 2020 si è trasformata in Euro 2021 a causa del Covid sia perché, per celebrare il 60esimo anniversario della manifestazione continentale dedicata alle Nazionali, l’evento per la prima volta sarà itinerante. Da giornalisti amanti dello sport e cercatori di ispirazione nella cristiana speranza vogliamo provare a cogliere alcuni elementi di fiducia e di bellezza tra le pieghe di questi Europei davvero sui generis che stanno per cominciare. E allora ecco cinque flash per richiamare il significato etico, storico e politico degli Europei di calcio, anche come segno di una ripartenza post Covid che sappia rimettere al centro la relazione umana (con tutte le sicurezze sanitarie del caso):

1. UBDICI CITTA' UNITE DAL PALLONE

Come abbiamo detto, questo sarò il primo Europeo itinerante; saranno ben 11 le città del Continente che ospiteranno le partite: Stadio Olimpico di Baku in Azerbaigian; Stadio Parker di Copenaghen in Danimarca; Allianz Arena di Monaco di Baviera in Germania; Wembley Stadium di Londra in Inghilterra; Stadio Olimpico di Roma in Italia; Johan Cruijff Arena di Amsterdam in Olanda; Arena Națională di Bucarest in Romania; Stadio San Pietroburgo in Russia; Hampden Park di Glasgow in Scozia; Stadio de la Cartuja di Siviglia in Spagna; Puskás Aréna di Budapest in Ungheria. Il match inaugurale sarà ospitato proprio all’Olimpico di Roma e ad aprire il torneo sarà l’Italia che affronterà la Turchia. Ebbene, in un periodo in cui l’Europa appare ancora troppo frammentata, alla ricerca di una visione politica comune, e il mondo ha tanto bisogno di unità, un evento calcistico che lega 11 città è un segno di speranza e di dialogo da cui ripartire per ricostruire comunità solidali.

2. TORNA IL PUBBLICO (E UN PO' DI NORMALITA')

Dopo tanto tempo, il pubblico potrà tornare a frequentare gli stadi: come avvenuto in questi ultimi scampoli di stagione per club, gli ingressi saranno ridotti a circa il 25% sul totale della capienza degli impianti sportivi ma è già un grande risultato, impensabile appena un anno fa. Che sia un auspicio per tornare alla normalità in tutti i settori, che vivono di relazione e di emozioni da condividere, dallo sport alla cultura, dall’arte al cinema. E che sia la volta buona che gli stadi tornino ad essere luoghi di festa, con le famiglie ed i bambini protagonisti, e non più palcoscenici di rabbia e violenza.

3. L'EUROPA SI 'GEMELLA' ANCHE COSI'

Il podio della prima edizione degli Europei premiò l’Unione Sovietica con Jugoslavia e Cecoslovacchia nei gradini d’onore. Tre nazioni che oggi non esistono più e che hanno sofferto tanto per regimi, guerre e scissioni. Il nostro augurio è che si sia in grado di imparare dal passato e che il percorso per il futuro sia inverso, sempre più inclusivo e capace di unire anziché dividere. Del resto, in tal senso i segni sono forieri di speranza perché dalla prima volta del 1960 fino al 1976 le nazionali ammesse alla fase finale erano solo quattro, poi sono diventate otto dal 1980 al 1992, sedici dal 1996 al 2012, infine nel 2016 e in questa edizione al via partecipano ben 24 Nazionali, suddivise in 6 gironi: le prime due di ogni gruppo e le quattro migliori terze accederanno agli ottavi di finale, che, al pari di quarti, semifinali e finale, si disputeranno in gare ad eliminazione diretta. Insomma, un contesto sempre più ampio e di largo respiro che vede nello sport un viatico per “gemellare” Nazioni, città e popoli d’Europa e aprirsi al mondo come membra di uno stesso corpo.

4. LA LUNGIMIRANZA DI CHI INVENTO' L'EUROPEO

Il trofeo degli Europei - che oggi è una coppa in argento di 12 kg - si chiama “Henri Delaunay Cup” in memoria del segretario UEFA che fu l’ideatore della manifestazione ma che morì alla vigilia della prima edizione. Senza dubbio un uomo lungimirante, dote che difficilmente oggi si riscontra nelle istituzioni del calcio europeo e mondiale. Il nostro sincero desiderio è che si ponga fine alle guerre in seno ai consessi del calcio internazionale per recuperare anzitutto un po’ di senno. In mezzo alle battaglie intestine l’unico aspetto su cui pare esserci unanimità è la convinzione che il calcio attuale non sia più sostenibile, da un punto di vista economico e - aggiungiamo noi - anche morale. Si riparta allora da una politica di saggezza, mettendo per esempio un tetto ai salari di calciatori e procuratori, diventati ormai un’offesa alla dignità dei lavoratori e di tante persone di valore che si guadagnano da vivere con impegno e fatica.

5. L'ITALIA COME NEL 1968?

L’Italia non vince gli Europei dal 1968, unica occasione in cui ha impresso il suo nome al primo posto dell’albo d’oro (nel 2000 e nel 2012 si è piazzata seconda, perdendo in finale rispettivamente con Francia e Spagna). In quella gloriosa circostanza, lontana ormai ben 53 anni, l’Italia era il Paese ospitante: dato che Euro 2021 si aprirà proprio nella nostra Capitale, per poi concludersi l’11 luglio a Londra, che questa ricorrenza di ospitare l’evento - o una parte di esso - sia di buon auspicio per i nostri colori? D’altronde il gruppo c’è, gioca un calcio rapido e brillante ed è bello compatto sotto la guida di Roberto Mancini, la cui tanto contestata divisa (che per noi ha comunque il suo fascino) richiama quella di Bearzot del trionfo mundial 1982: insomma, i presupposti ci sono tutti... non rimane che attendere il fischio d’inizio e tifare... forza azzurri!

Nella foto dello stesso autore Riccardo Clementi: i prepearuvi allo stadio Wembley di Londra prima di una finale

Ultima modifica: Gio 10 Giu 2021