Per Gino Strada il nemico era la guerra

Poche ore prima della morte, improvvisa, Gino Strada aveva commentato per La Stampa il fallimento della missione m ilitare in Afghanistan, ormai sotto gli occhi di tutti.

Avvenire pubblica una delle sue considerazioni più ricorrenti sulla guerra, paragonata al cancro. “Il cancro opprime l’umanità e miete molte vittime: significa forse che tutti gli sforzi compiuti dalla medicina sono inutili? Al contrario, è proprio il persistere di questa devastante malattia che ci spinge a moltiplicare gli sforzi per prevenirla e sconfiggerla. Concepire un mondo senza guerra è il problema più stimolante al quale il genere umano debba far fronte. È anche il più urgente”.

Nel 2015 proprio ad Avvenire rilasciò una testimonianza forte, diretta: “A Quetta, la città pakistana vicina al confine afgano, ho incontrato per la prima volta le vittime delle mine antiuomo. Ho operato molti bambini feriti dalle cosiddette 'mine giocattolo', piccoli pappagalli verdi di plastica grandi come un pacchetto di sigarette. Sparse nei campi, queste armi aspettano solo che un bambino curioso le prenda e ci giochi per un po’, fino a quando esplodono: una o due mani perse, ustioni su petto, viso e occhi. Bambini senza braccia e ciechi. Conservo ancora un vivido ricordo di quelle vittime e l’aver visto tali atrocità mi ha cambiato la vita”.

Il suo obiettivo era quello di “abolire la guerra”, che deve diventare un “tabù”.

Le vicende di questi giorni, di queste ore in Afghanistan, danno una nuova luce a queste sue parole dette e ridette molte volte.

Ultima modifica: Ven 13 Ago 2021

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