'Responsabilità e verità per un esercizio corretto della professione', il messaggio di Mattarella all'Ucsi

Ha compiuto 81 anni, Sergio Mattarella, alla fine di una settimana difficile e molto complessa nella vita politica e istituzionale del nostro Paese. Oltre a fargli gli auguri, riproponiamo sul nostro sito il messaggio che ci inviò in occasione del sessantesimo anniversario dell'Ucsi, pubblicato sulla nostra rivista Desk. In tutti questi anni si è mostrato sempre attento ai temi della libertà di stampa e del pluralismo dell'informazione, ne ha parlato più volte come "fondamento della democrazia". Ha anche richiamato tutti noi giornalisti, in ogni occasione, ad esercitare 'responsabilità' e a mettere al centro la 'verità' dei fatti. Il messaggio è stato scritto e pubblicato alla fine del 2019, prima della pandemia (ar)

IL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (2019)

Nella sua narrazione distopica, George Orwell ha scritto che «in tempi di menzogne universali, dire la verità è un atto rivoluzionario».
Volendo applicare questa ricetta al tempo della diffusa disinformazione sul web, dovremmo dire che accresciuta è la responsabilità che ricade sugli operatori professionali dell’informazione.
Responsabilità e verità sono elementi connaturati a un esercizio corretto della professione giornalistica, che sia consapevole di come l’informazione costituisca elemento basilare di una società libera e democratica.

In teoria attribuire queste caratteristiche al mestiere del giornalista appare come un fatto normale. Eppure, anche all’inizio del terzo millennio, permangono le stesse sfide e gli stessi rischi, che considerano la libera informazione un pericolo per gli assetti di potere, quali che siano.

Il gesto della verità, nella sua semplicità, appare, in questo senso, sovvertitore, destabilizzante. La società democratica è basata su pochi, essenziali, elementi. Il primo è quello del rispetto della dignità di se stessi e di ogni altra persona. È, non a caso, elemento base della deontologia professionale di ogni giornalista.

La missione autentica del giornalismo, quale si è venuto configurando negli ultimi due secoli, è servire la verità, sconfiggendo la menzogna e con questo gesto, strappando il velo del conformismo, dell’acquiescenza e contribuendo alla rimozione dell’ignoranza sui fatti, svolgere un vero e proprio servizio pubblico.

La graduale conquista dello Stato di diritto, della condizione di libertà, ne hanno esaltato il ruolo fondamentale per l’equilibrio democratico del Paese, poiché solo potendo attingere liberamente all’informazione da fonti attendibili e plurali, il cittadino viene messo in condizione di esercitare consapevolmente le proprie scelte. È il senso dell’art. 21 della Costituzione che esalta, insieme, libertà della stampa e diritto dei cittadini.

Naturalmente la verità non è un concetto astratto, con sede nell’iperuranio platonico: è il prodotto dell’informazione di qualità, che il giornalista ha il dovere di offrire nella massima completezza possibile e che trova giovamento nel pluralismo delle voci.

La professione giornalistica, eticamente intesa, non richiede al professionista di dismettere la propria cultura e sensibilità, ma di restituire, con il proprio lavoro, un’informazione incondizionata e non omissiva anche di aspetti che possono contrastare con una personale visione del mondo.

Onestà intellettuale e senso di responsabilità nei confronti della comunità sono qualità indispensabili per un costante flusso di fiducia tra giornalista e lettore, che permetta al cittadino di accogliere come un arricchimento la mediazione del professionista, in un tempo in cui la pretesa della disintermediazione in ogni ambito della vita civile sembra prevalere.

La riflessione su queste materie vede, giustamente, impegnato il mondo dell’informazione e della cultura: sono in gioco fondamenti del nostro vivere civile.
Il monito orwelliano, richiamato in apertura, suona più che mai attuale: nel tempo della informazione "immediata" imposta dal medium digitale si riaffacciano propensioni che, riecheggiando principi propagandistici utilizzati dai regimi autoritari degli anni ’30 del ’900, tendono ad imporre la coltre uniforme di un’unica visione che, ripetuta all’infinito, pretende assumere il carattere del senso comune, indifferente alla realtà dei fatti. L’appello alla “memoria” degli avvenimenti costituisce, perciò, un passaggio irrinunciabile.

Ecco allora perché una proposta di giornalismo responsabile ed eticamente corretto continua ad apparire un gesto rivoluzionario.
Nel sessantesimo anniversario di fondazione dell’Ucsi, mi è lieto sottolineare il contributo recato da “Desk” in questa direzione.

Foto: www.quirinale.it (21 luglio 2022)

 

Ultima modifica: Sab 23 Lug 2022

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