Come raccontiamo la poverta?

Quanto ci interroga la povertà attorno a noi? Come la raccontiamo? Che spazio dedichiamo a questo tema che incide davvero e fino in fondo sulla pelle delle persone? Riusciamo ad invertire l’ordine delle notizie come ci chiede il Papa e a togliere dal podio qualche frivolezza per parlare di questo grave e crescente disagio sociale? E troviamo davvero linguaggi e formule adatti, al di là di stereotipi e luoghi comuni con cui talvolta affrontiamo certi argomenti?

I dati che la Caritas ha reso noti qualche giorno fa sono l’ennesimo richiamo, anche al giornalismo. Nei prossimi mesi la situazione purtroppo non potrà che peggiorare, con l’inflazione che cresce ancora e le bollette che sembrano impazzite.

Infine c’è un ulteriore elemento da non trascurare: anche i giornalisti, oggi, sono mediamente poveri. In troppi casi hanno un lavoro precario, guadagnano poco per vivere con dignità, non vedono troppe prospettive per il futuro. Il cortocircuitò (‘poveri che raccontano i poveri’) può essere forse il modo per rimettere al centro la più grande ‘emergenza sociale’ dei nostri giorni.

A questo link la sintesi del nuovo rapporto Caritas. Di seguito il comunicato stampa:

L’anno scorso i 2.800 centri di ascolto della Caritas hanno effettuato oltre 1,5 milioni di interventi, per poco meno di 15 milioni di euro, con un aumento del 7,7% delle persone che hanno chiesto aiuto rispetto all’anno precedente. Anche nel 2022 i dati raccolti fino a oggi confermano questa tendenza.

Aumentano (sono oltre il 23% del totale delle richieste) anche coloro che, pur lavorando, sono poveri (working poor) che oggi sono pari al 13% degli occupati.

Ultima modifica: Sab 12 Nov 2022

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