Rapporto Censis: boom della tv via internet, media tradizionali restano i più credibile

La televisione resta indubbiamente al centro dei consumi mediatici degli italiani. La guardano più del 95%. Eppure, nel nuovo rapporto sulla comunicazione del Censis, ci sono alcuni indicatori che denotano forti cambiamenti in corso.

La tv tradizionale (il digitale terrestre) perde il 3,9% in un anno, quella satellitare guadagna l’1,4%. Ma sono soprattutto web e smart tv a crescere e raggiungere per la prima volta metà della popolazione (52,8%). Un balzo in avanti di oltre 10 punti percentuali. Forte rialzo della tv via internet. La tv sullo smartphone (mobile tv) sale addirittura dall’1 al 34% negli ultimi 15 anni.

Resiste, trasformandosi, anche la radio. La ascoltano 4 italiani su 5. La metà lo fa da casa, il 70% dall’auto, il 20% dal computer e quasi il 30% dal telefonino.

Il Censis rileva che prosegue la crisi della carta stampata. Nel 2007 i quotidiani erano letti dal 67% degli italiani, adesso da 25%. Gli utenti dei quotidiani on line raggiungono il 33% del totale (molto meno del 58% che utilizzano i siti web di informazione).

Tra le piattaforme on line, soprattutto tra i giovani, dominano Whatsapp, YouTube, Instagram. TikTok cresce al 54,5%, via via ci sono tutti gli altri: Spotify (51,8%) e Telegram (37,2%). In flessione, invece, Facebook (51,4%) e Twitter (20,1%). Ed è proprio quest’ultimo un aspetto nuovo e interessante.

Il rapporto (qui una sintesi più ampia) contiene molti altri dati. Come la constatazione che la spesa delle famiglie per i dispositivi digitali continua ad aumentare.

Un’ultima annotazione, tutt’altro che marginale. E’ emersa con forza durante la pandemia: radio, televisione e carta stampata staccano ancora di gran lunga web e social network in termini di credibilità. “Tuttavia, prima con la pandemia, poi con la guerra scoppiata alle porte dell’Europa, si è posto il problema di decidere che cosa i media mainstream possono dire e che cosa no. Il 60,1% degli italiani ritiene legittimo il ricorso a una qualche forma di censura (in particolare, per il 29,4% non dovrebbero essere diffuse le fake news accertate, per il 15,7% le opinioni intenzionalmente manipolatorie e propagandistiche, per il 15,0% i pareri espressi da persone che non hanno le competenze per parlare). Al contrario, per il 39,9% non è mai giustificata alcuna forma di censura”.

Ultima modifica: Ven 16 Dic 2022