Rapporto Comunicazione 2016: tutti i dati

Tengono la televisione (97,5% degli italiani) e la radio (83,9%). Perdono i quotidiani (40,5%). Cresce impetuosamente l’utilizzo di smartphone (+12% in un anno). Anche Internet aumenta di 2,8 punti percentuali nell’ultimo anno.

La rilevazione dei consumi mediatici degli italiani nel 2016 evidenzia che:

- la televisione continua ad avere un pubblico sostanzialmente coincidente con la totalità della popolazione (il 97,5% degli italiani). In dettaglio: Tv digitale terrestre (+1,5%) satellitare (+1%), mobile tv (11,,2% degli italiani);

- tengono anche gli ascolti della radio, con una utenza complessiva pari all’83,9% degli italiani. Sugli apparecchi tradizionali +4,8% in un anno, su smartphone, nel periodo 2007-2016, +13,7%, sul computer +6,9%;

- i quotidiani cartacei, invece, perdono lettori, ridotti al 40,5% degli italiani (-1,4% nell’ultimo anno, -26,5% complessivamente nel periodo 2007-2016), mentre continua ad aumentare l’utenza dei quotidiani online (+1,9% nell’ultimo anno) e degli altri siti web di informazione (+1,3%);

- mantengono i propri lettori i settimanali (+1,7%) e i mensili (+3,9%), ma non i libri cartacei (-4,3% nell’ultimo anno, con una quota di lettori diminuiti al 47,1% degli italiani), ancora non compensati dai lettori di e-book (che aumentano dell’1,1% nell’ultimo anno, ma si attestano ancora solo al 10% della popolazione);

- si registrano pure piccole oscillazioni per la diffusione di e-reader (+0,7%) e tablet (+1,7%), e mentre diminuiscono gli utenti dei telefoni cellulari basic, in grado solo di telefonare e inviare sms (-5,1%), continua la crescita impetuosa degli utilizzatori di smartphone (+12% in un anno: una crescita superiore a quella di qualsiasi altro mezzo), arrivati al 64,8% degli italiani (e all’89,4% dei giovani di 14-29 anni);

- infine, la penetrazione di internet aumenta di 2,8 punti percentuali nell’ultimo anno e l’utenza della rete tocca un nuovo record, attestandosi al 73,7% degli italiani.

Il boom dei media digitali (anche nel periodo di crisi)

Tra il 2007 (l’anno prima dell’inizio della crisi) e il 2014, mentre i consumi generali flettevano del 7,1% in termini reali, decollava la spesa per acquistare apparecchi telefonici (+149,8%, per un valore superiore a 8,9 miliardi di euro nell’ultimo anno) e computer (+30%), anche se i servizi di telefonia si riassestavano verso il basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-13,5%, per un valore però di quasi 18,7 miliardi di euro), e infine la spesa per libri e giornali si riduceva del 39,4% .

La frattura generazionale: giovani e anziani sempre più lontani

Tra i giovani under 30 la quota di utenti della rete arriva al 95,9%, mentre è ferma al 31,3% tra gli “over 65”; l’89,4% dei primi usa telefoni smartphone, ma lo fa solo il 16,2% dei secondi; l’89,3% dei giovani è iscritto a Facebook, contro appena il 16,3% degli anziani; il 73,9% dei giovani usa YouTube, come fa solo l’11,2% degli ultrasessantacinquenni; oltre la metà dei giovani (il 54,7%) consulta i siti web di informazione, contro appena il 13,8% degli anziani; il 37,3% dei primi ascolta la radio attraverso il telefono cellulare, mentre lo fa solo l’1,2% dei secondi; e se un giovane su tre (il 36,3%) ha già un tablet, solo il 7,7% degli anziani lo usa; su Twitter c’è un quarto dei giovani (il 24%) e un marginale 1,7% degli over 65 anni. Si nota qui anche il caso opposto, quello dei quotidiani, per i quali l’utenza giovanile (il 29,7%) è ampiamente inferiore a quella degli ultrasessantacinquenni (il 49,4%). 

I social network nella nostra vita quotidiana

I social network sono la prepotente novità degli ultimi anni: già nel 2013 quasi la metà della popolazione aveva dimestichezza almeno con uno di essi, ma nel 2016 siamo praticamente a due italiani su tre. Facebook è il social network più utilizzato e raggiunge l’89,4% di utenti tra i giovani under 30. Molto alta l’utenza di Facebook anche tra le persone più istruite, diplomate e laureate (72,8%), mentre le donne, con il loro 58%, si collocano al di sopra della media relativa alla popolazione in generale (56,2%).

L’unico social network che può reggere il confronto con Facebook è YouTube, passato dal 38,7% di utenza nel 2013 al 46,8% nel 2016. Nello stesso periodo i giovani utenti di YouTube aumentano dal 68,2% al 73,9% e i più istruiti dal 52,3% al 62,8%, mentre le donne si attestano al 43,8% di utenza.

Instagram, è passato dal 4,3% di utenti nel 2013 al 16,8% nel 2016, con una diffusione che ha raggiunto nell’ultimo anno il 39,6% dei giovani, WhatsApp, nel 2016 è usato dal 61,3% degli italiani (l’89,4% dei giovani, l’82,5% di diplomati e laureati, il 63% delle donne). 

Diminuisce il digital divide, aumenta il press divide

Mentre uno zoccolo duro di persone che entrano in contatto solo con i mezzi audiovisivi rimane quasi costante nel tempo (passando dal 28,2% del 2006 al 23,2% del 2016), gli italiani che si accostano abitualmente a tutti i media hanno fatto segnare un importante passo in avanti tra il 2006 e il 2009 (passando dal 23,3% al 35,8%), per poi fermarsi a quel livello (anzi, nel 2016 hanno fatto anche un piccolo passo indietro, riposizionandosi al 35,2%). 

I nuovi motori del consumo dei media: le donne

Nel 2016, al tradizionale predominio nel consumo di libri (il 55,4% rispetto al 38,5% degli uomini), settimanali (32,8% e 25,3%) e anche mensili (rispettivamente, 27,9% e 21,2%), si è aggiunto il predominio femminile anche nel campo dei telefoni cellulari (l’87,9% di utenza) e, in modo inaspettato, anche nell’uso di internet, dove c’è stato il sorpasso delle donne sugli uomini: il 74,1% di utenza per le donne rispetto al 73,2% riferito agli uomini.

Contenuti e piattaforme tv: il protagonismo dell’utente

Diviene sempre più importante il gioco tra contenuti e piattaforme delle nuove media company. Il successo delle tecnologie digitali ha favorito l’aumento della dispersione nell’impiego dei vari media, per cui non c’è un mezzo che da solo possa prendere il posto della televisione, quanto piuttosto un uso trasversale delle varie possibilità offerte dal sistema mediatico nel suo insieme. Lo schermo televisivo rappresenta il dispositivo preferito per accedere ai contenuti a disposizione del pubblico, ma le emittenti risultano sempre meno centrali nella scelta dei programmi da seguire. 

L’informazione: dal modello tele-centrico alla concezione ego-centrica

Ancora nel 2011 i telegiornali rappresentavano un punto di riferimento fondamentale per l’acquisizione delle informazioni per l’80,9% degli italiani. Nel 2016 il dato è sceso al 63% e lo stesso peso è assegnato a Facebook dal 35,5% degli italiani che lo usano regolarmente come fonte delle news. Tra i giovani il dato si ribalta, perché nella fascia d’età di 14-29 anni al primo posto si colloca Facebook con il 58,5%, mentre i tg seguono a distanza con il 45,7%, insidiati anche dai motori per la ricerca di informazioni su internet come Google (24,8%) e da YouTube (23,1%).

App e startup: come cambiano i comportamenti nell’epoca della disintermediazione digitale

Nell’epoca della disintermediazione digitale, app e startup stanno rimodellando abitudini e comportamenti quotidiani. Non soltanto perché ormai il 40,6% degli internauti italiani controlla i movimenti del conto corrente bancario via internet, praticando personalmente l’home banking (il 3,8% in più in un anno); il 36% si dedica senza interposta persona all’e-commerce (+5,3% rispetto all’anno scorso), il 14,9% sbriga online le pratiche burocratiche con gli uffici pubblici (+2,5%), il 14,8% organizza i viaggi sul web (+5,5%) e l’8,3% prenota le visite mediche via internet (+3,2%).

Questi grandi cambiamenti fanno bene o male al mercato del lavoro? Su questo punto gli italiani si dividono: per il 33% le tecnologie digitali distruggono posti di lavoro, per il 21% invece ne creano, per il 46% non influiscono sull’andamento dell’occupazione.

Il trade-off necessario tra privacy e sicurezza

Un altro punto delicato che non si può non affrontare è quello del rapporto tra ricerca della sicurezza e rispetto della privacy, specie in relazione al fenomeno del terrorismo. Da questo punto di vista, l’opinione pubblica oscilla in un modo apparentemente contraddittorio, dato che il 72,7% degli italiani dichiara che la privacy può essere violata dalle autorità se c’è in gioco l’interesse nazionale, ma contemporaneamente il 45,7% ritiene che la riservatezza personale sia un bene intangibile e non possa essere infranta in nessun caso. 

Ultima modifica: Gio 5 Ott 2017

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