drag&drop - La sottile leggerezza dei social (*)

Geolocalizzati, felici e contenti, ma soprattutto liberi di essere social e fuori da ogni “termine e condizione di utilizzo”. Basta cliccare su “accetta” e chi se ne importa della profilazione dell’utente? Tanto avere la vita costantemente spiata da telecamere, come gli abitanti dell’Oceania del romanzo 1984 di George Orwell, oggi, è l’ultimo dei problemi. Con questa consapevolezza milioni di utenti in tutto il mondo aprono account sui social e fanno log-in per accedere a centinaia di servizi, app, utilities, abbonamenti on line e tools, noncuranti che ad attenderli non ci sono solo i famigerati cookies ma sistemi di profilazione dell’utente molto ben affilati e pronti a carpire gusti e tendenze. D’altronde questa è l’epoca in cui o si sta fuori o si sta dentro la Rete nel bene e nel male.


Basta usare il cellulare per dire al “Grande Fratello 2.0” dove ci troviamo esattamente, chi siamo, cosa facciamo, cosa cerchiamo. Tutto questo ormai lo si considera normale e tutti hanno compreso che se uno smartphone indica il tempo di percorrenza casa-lavoro-lavoro-casa non è che si è dentro l’ultima spy-story. Si è semplicemente immersi nella società googlizzata e nel mondo degli algoritmi. A differenza, però, del protagonista di 1984 che decide di scrivere il suo diario di protesta al regime del “Grande Fratello”, manifestazione di libero arbitrio e libero pensiero, nascosto nell’unico angolo della casa dove il teleschermo non può registrarlo, oggi non abbiamo paura di esser visti troppo.

Non abbiamo né le angosce del protagonista di The Truman Show né i deliri del giovane Leonardo Di Caprio nel film The Beach, ennesima trasposizione sul grande schermo de Il Signore delle mosche di William Golding. Piuttosto abbiamo paura della solitudine, dell’esclusione, dell’abbandono, di quella drammatica condizione, volendo stare ancora in ambito cinematografico, vissuta dagli astronauti in centinaia di film, ossia la paura di perdersi nel vuoto e nel silenzio ovattato dell’iperspazio internettiano. Per evitare questo la persona-utente trova “consolazione” nei social. Ed è su questa “consolazione” che fa leva Il quinto potere (citazione del film di Bill Condon su Wikileaks). La nostra umanità tracciata in modo indelebile su Facebook, Instagram, Twitter e su tutti gli altri social esistenti e che verranno interessa a qualcuno. I social, per chi li possiede e li gestisce, sono solo una macchina che produce potere politico ed economico. Basta cambiare un algoritmo e le multinazionali del mondo digitale fanno il bello e il cattivo tempo su migliaia di aziende e milioni di persone che corrono spasmodicamente dietro alle mode dei pochi detentori delle nostre relazioni sociali. La chiave è sempre la stessa: dare gratis alle persone-utenti per trarre benefici economici dalle nostre informazioni e dalle nostre attività che quotidianamente passano attraverso i social e i motori di ricerchi. D’altronde chiediamoci perché mai questi grandi colossi della Silicon Valley hanno deciso di quotarsi in borsa?  

Vincenzo Grienti

 

(*) drag&drop è la rubrica di Vincenzo Grienti che analizza periodicamente, sul nostro sito, le novità della tecnologia e gli effetti che producono 

 

Ultima modifica: Dom 23 Ott 2016