Immigrazione: quando certa comunicazione fa alzare i muri

Quanto sta accadendo in questi giorni in provincia di Ferrara – dove, a Gorino, la popolazione si è ribellata all’accoglienza di un gruppo di donne rifugiate con i loro bambini – è probabilmente frutto di strumentalizzazioni politiche, ma anche di un sistema dell’informazione che dà dell’immigrazione una narrazione drammatica, esasperata e fuorviante.
In un libro uscito recentemente, Tracciare Confini (a cura di Marco Binotto, Marco Bruno e Valeria Lai, Franco Angeli 2016), sono raccolte le indagini sui principali mezzi di comunicazione fatte dal 2008 ad oggi. I dati sono per certi versi sconfortanti: l’immigrazione fa notizia solo quando rientra nella cronaca nera, e così si costruisce l’equazione immigrazione=criminalità. Ne nasce una narrazione per la quale «la semplice presenza dei migranti finisce per diventare un sinonimo di malessere e disordine, che non solo alimenta l’allarme sociale, ma è spesso all’origine di veri e propri fenomeni di panico morale». Come quello accaduto nella tranquillità della bassa ferrarese.
È vero che negli ultimi anni, dopo alcuni naufragi particolarmente gravi e il viaggio del Papa a Lampedusa, a questa narrazione si è affiancata quella del migrante come naufrago, che suscita pietà. Ma questa seconda rappresentazione non è abbastanza forte da scalzare la prima né da incidere sui pregiudizi delle persone, tantomeno sui comportamenti. Come dire: poverini... qualcuno se ne dovrebbe occupare, certo non noi.
Le ricerche citate analizzano i Tg nazionali e i giornali, ma chi frequenta i social media sa quanto questi siano il luogo dell’hate speech, dei discorsi d’odio nei confronti di chiunque, ma dei migranti prima di tutto. È qui che viene condiviso e quindi diffuso quanto di peggio appare sui media tradizionali, è qui che si moltiplicano i post che diffondono notizie manipolate o semplicemente false, ma ben confezionate per suscitare indignazione e rifiuto nei confronti dei migranti e sospetto nei confronti di chi li accoglie.
La società civile – ecclesiale e laica – reagisce come può, proponendo narrazioni alternative, ma si sa che è più facile credere alla menzogna che alla verità.
Un’operazione interessante è quella proposta da Medici senza Frontiere, che ha proposto L’Anti-slogan, una campagna in cui si “smontano” le dieci leggende più diffuse sull’immigrazione sfatandole una a una, con linguaggio semplice, oggettivo, sintetico. Le dieci leggende sono queste: gli immigrati portano malattie, li trattiamo meglio degli italiani, aiutiamoli a casa loro, hanno pure lo smartphone, sono troppi, sono tutti giovani e forti, rubano il lavoro, non scappano dalla guerra, sbarcano terroristi, sono pericolosi.
L’aspetto interessante di questa operazione è che si scopre come questi luoghi comuni siano facilmente smontabili. In teoria almeno. Perché l’opinione pubblica è un osso duro.

http://milionidipassi.medicisenzafrontiere.it/antislogan/)

Ultima modifica: Mar 25 Mag 2021