Comunicare la carità? Prima sia condivisione e comunità.

La carità comunica da sola. Comunica perché è testimonianza. Ma prima di diventare comunicazione deve essere condivisione e comunità. È la sfida cui è chiamata la Chiesa che ha il compito di educare alla carità, intesa come percorso di ascolto, di dialogo e di incontro.
Al centro delle relazioni c’è la persona che va formata a cogliere le positività della congiuntura economica e sociale che sta attraversando. Occorre far crescere nei cittadini la capacità di discernimento e favorire uno sguardo positivo della comunicazione sociale.

Scivolare nella semplificazione, che distorce la realtà, è molto facile in un’epoca in cui prevale il rumore. Nell’ansia di comunicare invece si tende spesso a spettacolarizzare i fatti, a fare analisi sbrigative, a gonfiare e drogare le notizie. Nella rappresentazione della realtà c’è bisogno di parole vere che siano semi di fiducia e speranza, di una comunicazione che comunichi secondo la logica della buona notizia.
Certo, ci sono anche le buone notizie, ma “non fanno notizia” nel sistema massmediale, che tende a dilatare gli allarmi sociali e le paure. È quanto emerso dal seminario che si è tenuto a Roma nei giorni scorsi “Comunicare la Carità. Strumenti per imparare a raccontarsi”, promosso dalla Consulta Ecclesiale degli Organismi socio-assistenziali, con l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI.

“Non è vero che va tutto male. Dalla crisi non si esce se la prefigurazione degli scenari è negativa - ha dichiarato Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di IPSOS Italia (leggi l’intervista qui). Se si parla di migranti, per esempio, “se ne parla solo in chiave allarmistica”. Ma “la politica ha il dovere di occuparsi dell’accoglienza –ha aggiunto Mons. Giancarlo Perego, direttore generale di Migrantes - l’argomento invece è molto strumentalizzato”.
“Occorre dunque imparare a raccontare costruendo percorsi di dialogo con i più deboli, i poveri e gli emarginati”, ha dichiarato Mons. Francesco Soddu, direttore della Caritas Italiana”.
“La strada deve essere la nostra protagonista – ha detto Don Luigi Ciotti, Presidente Nazionale di 'Libera' - ci indica il cammino da intraprendere. ‘Libera’ è nata, infatti, dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino, che sono avvenuti appunto per strada, e ci educa a non avere paura delle contraddizioni e a mettere la persona al centro con la sua irripetibilità nella storia, perché siamo tutti diversi”.
“La difficoltà pertanto è nella selezione delle notizie che formano l’opinione pubblica, ha aggiunto Don Ivan Maffeis, sottosegretario Cei, perché la carità comunica da sola”.
“Il seminario - ha concluso Don Armando Zappolini, presidente del Coordinamento delle Comunità di Accoglienza - ha cercato di dare le prime risposte a un mondo cattolico che vuole essere più incisivo nella vita del Paese e aiutare Papa Francesco nella conversione verso le periferie dell’umanità”.

Ultima modifica: Lun 14 Nov 2016