Giornalismo: le cifre della crisi. E l'antidoto internet non funziona

Presentato alla Federazione della Stampa l’aggiornamento del rapporto di Lsdi sulla professione giornalistica in Italia. La crisi prosegue, anche se un po’ rallenta: ci sono comunque più lavoratori autonomi sottopagati e meno dipendenti, per giunta con redditi in calo. E internet non basta certo a rilanciare il settore. Anzi, “il giornalismo digitale nativo è un segmento dell’ attività giornalistica dai contorni ancora molto vaghi”...

Oltre la metà dei giornalisti iscritti all’Ordine – rivela il rapporto redatto da Pino Rea - sono sconosciuti all’Inpgi. E gli iscritti alla previdenza di categoria sono per due terzi freelance iscritti alla gestione separata. Solo un terzo sono lavoratori dipendenti assunti con regolare contratto. Mentre resta sostanzialmente stabile la forbice tra la media dei redditi da lavoro autonomo e quella da lavoro dipendente. I redditi dei giornalisti subordinati sono in calo, quelli dei titolari di partita Iva in lieve aumento (+7%). Mentre crescono le dichiarazioni a “reddito zero” degli iscritti all’Inpgi2 e diminuisce il numero dei Co.co.co. attivi, il cui reddito medio continua a scendere (il 56% ha dichiarato meno di 5000 euro).

«Una crisi della professione che va di pari passo con la crisi del settore dell’editoria in Italia. E quello che potrebbe essere un antidoto alla emorragia di posti di lavoro, ovvero il giornalismo nativo digitale, appare ancora un fenomeno di difficile definizione», ha evidenziato Pino Rea nella relazione introduttiva.
Nel 2000 i giornalisti attivi ‘’effettivi’’ erano 21.373 (il 31,3% dei 68.253 iscritti all’ Ordine – esclusi gli stranieri e gli iscritti all’elenco speciale ). Il numero degli attivi, in sedici anni, è cresciuto del 137%, mentre il numero degli iscritti all’ Ordine, nello stesso periodo, è salito del 54%.

Ultima modifica: Mer 8 Feb 2017

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