Regole e Responsabilità, gli antidoti possibili ai rischi della rete e delle false notizie

Le 2R (Regole e Responsabilità) sembrano mettere d’accordo tutti coloro che, a vario titolo, sono preoccupati per il cyberbullismo, l’hate speech, le fake news e per tutti gli altri pericoli che internet diffonde con estrema facilità.
Se ne è discusso giovedì 9 febbraio alla Camera dei Deputati, in un workshop intitolato “Sicuri per una navigazione consapevole”, organizzato da AGCOM (Autorità per le garanzie delle comunicazioni) e che ha messo a confronto operatori della comunicazione, gestori di servizi, rappresentanti delle web companies e politici e al quale eravamo presenti anche noi. Ma la discussione, se non c’è sulle 2R, nasce quando bisogna fare un passo avanti e dirsi quali sono le regole, decise da chi, con quali sanzioni... Oppure quando bisogna dirsi come si chiede o si esige responsabilità e a chi..

Le regole.

Per molto tempo c’è stata una forte resistenza ad affrontare il problema, perché non si voleva limitare la libertà di espressione e perché si difendeva la neutralità della rete. Adesso sembra diffusa la convinzione che «la pretesa neutralità della rete sia uno dei più grandi falsi del nostro tempo» (Monica Maggioni, presidente Rai) e che rientri perfettamente nella tradizione giuridica europea il fatto di bilanciare la libertà di espressione con il principio imprescindibile della dignità della persona.
Del resto, al diritto di informare corrisponde il diritto di essere informati correttamente» (Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Antitrust).

Rischiamo di perdere una generazione, nel senso che stanno crescendo «persone che adottano la violenza come schema di ragionamento, un’intera generazione rischia di adottare forme di comunicazione aggressive e violente anche nei rapporti interpersonali e sarà meno capace di gestire i problemi» (Angelo Marcello Cardani, presidente di AGCOM).
Anche per questo il problema delle regole e della altre forme di intervento per far crescere la sicurezza in rete è urgente. Purtroppo ciò che avviene nella realtà virtuale è presente e ha le sue radici in quella fisica, ma «i tempi dell’azione giurisdizionale nella realtà fisica sono tali da renderla irrilevante in quella virtuale».
Il tema dunque è se sia sufficiente aggiornare le regole già esistenti per il mondo fisico o se le specificità del web siano tali da richiedere regole nuove.

C’è anche la strada dell’autoregolamentazione, sulla quale Facebook, Google e le altre grandi web companies hanno fatto molti passi avanti, adottando delle policy, affinando gli strumenti per proteggere la privacy, raccogliendo le segnalazioni.
Laura Bononcini, di Facebook Italia, ha ricordato che il social network si è impegnato a rimuovere i contenuti segnalati dagli utenti come pericolosi entro 24 ore, ma ha specificato che «dietro a questo impegno ci sono persone, non solo algoritmi, e che quindi si possono fare errori». Per quanto riguarda la fake news, Facebook sta sperimentando un sistema di segnalazione dei contenuti inattendibili, per avvisare gli utenti e per dare loro meno visibilità.

Collegato al tema delle regole c’è quello degli strumenti, che le tecnologie possono mettere a disposizione. Ma è giusto affidare il “controllo” dei contenuti ad un algoritmo, che non ha possibilità di “interpretare”? E poi, il confine tra discorso d’odio e semplice espressione di dissenso, pur polemico, è così facilmente individuabile? E quello tra notizie vere e fake news è così netto? ...

Da parte loro i gestori hanno sviluppato app gratuite (a esempio per la protezione dei bambini) e portano avanti progetti di sensibilizzazione (come “Giovani ambasciatori contro il bullismo” di Vodafone). È comunque evidente che l’impegno per l’autoregolamentazione deve avvenire dentro un quadro di dialogo con le istituzioni pubbliche, oltre che con i cittadini, e anche dentro un sistema di regole chiaro a cui appoggiarsi.

La responsabilità.

Le regole non bastano. Occorre far crescere il senso di responsabilità sia per quanto riguarda la produzione e diffusione di contenuti, sia per quanto riguarda la loro fruizione. È difficile, perché da una parte la Rete ci ha messo di fronte al fatto che la comunicazione – anche quando si tratta di passaggio di informazioni – avviene soprattutto sul piano delle emozioni, e non della razionalità, sia perché le fake news e i discorsi d’odio non nascono per caso, ma rispondono ad obiettivi di propaganda o lotta politica e sono anche una fonte di reddito.
La responsabilizzazione passa attraverso la “coscientizzazione” e quindi attraverso un’educazione che trasmetta strumenti critici e consapevolezza sulle conseguenze delle proprie azioni, anche quelle che si fanno nel mondo virtuale. Un impegno che coinvolge tutti: istituzioni, agenzie educative, operatori della comunicazione.

Che fare. Come affrontare tutti questi problemi? Ognuno può fare qualcosa, ma occorre collaborare e mettere a sistema le iniziative per ottenere risultati.
L’informazione deve ripensarsi: «occorre riportare i fatti al centro del mestiere di giornalista e ristrutturare il servizio pubblico attorno al perno della fiducia» (Monica Maggioni). Un’informazione credibile è il primo antidoto all’imperversare delle fake news e bisogna essere consapevoli che «se il mondo occidentale perde il giornalismo professionale, perde anche la democrazia» (Robertto Viola, direttore generale EU-DG Connect).

Poi serve un tavolo di confronto immediato, che raccolga istituzioni, operatori della comunicazione, produttori di contenuti, associazioni, per individuare regole che non mortifichino la libertà e che siano concretamente applicabili, tenendo conto del fatto che alla base di un mutamento giurisdizionale deve esserci un cambio di mentalità pubblica.

Serve anche fare ricerca, perché «di questi fenomeni sappiamo ancora troppo poco» (Piermarco Aroldi, Università cattolica del Sacro Cuore).
La presidente della Camera, Laura Boldrini, nel saluto iniziale, ha ricordato altre iniziative e progetti già da lei attivati: l’elaborazione della Carta dei diritti e dei doveri in Internet; l’istituzione della Commissione parlamentare di studio sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio; l’apertura di un dialogo con Facebook...
Per una maggiore sicurezza in rete, devono fare la propria parte i privati, devono farla i cittadini, ma devono farla anche le istituzioni pubbliche.

foto: AgenSIR

Ultima modifica: Ven 10 Feb 2017