I giornalisti italiani e i social network: quanto e come li usano

Un’indagine Ixè – Encanto ha analizzato l’uso dei social media dei giornalisti italiani. Dalle motivazioni al tipo di contenuti, ecco i risultati.

Giornalisti e social: il binomio è tra quelli che hanno assunto rilevanza fondamentale se si considerano i rapidi cambiamenti che hanno interessato il mondo della comunicazione in generale e, più nello specifico, l’ecosistema dell’informazione.
La prima sorpresa riguarda le piattaforme preferite dai giornalisti italiani.

Ritenuto da sempre il social di chi si occupa di informazione e nonostante se ne sottolinei spesso la natura di media company, Twitter non sembra certo l’ambiente preferito dai giornalisti italiani. Terzo sul podio, utilizzato solo dal 67% dei giornalisti nostrani, è preceduto da YouTube (70%) e da Facebook che detiene il primato assoluto con almeno l’87% dei giornalisti italiani che ha un account e lo usa su base giornaliera.

Molti dei professionisti italiani dell’informazione sembrano guardare con entusiasmo, però, anche ad ambienti più nuovi per le straordinarie possibilità narrative che offrono. Osservati speciali sono in questo senso Snapchat, nella sua sezione Discover specificatamente dedicata alle news e non solo, e Instagram, sopratutto per quanto riguarda le Storie già utilizzate in qualche occasione, più all’estero che in Italia, per raccontare lo sport e la moda.

Cosa fanno, però, i giornalisti italiani sui social? Secondo lo studio Ixè – Encanto, la maggior parte utilizza questi ambienti principalmente per promuovere il proprio lavoro, tra l’altro in misura maggiore di quanto non facciano i loro colleghi americani: quello promozionale, infatti, è lo scopo della presenza su Facebook e simili di oltre l’83% dei giornalisti italiani, contro un solo 73% di quelli americani. Il secondo motivo che tiene i professionisti nostrani dell’informazione attaccati ai social è la possibilità di fare rete: iscritti dalla prima ora, i giornalisti sembrano creare una cerchia abbastanza omogenea e sfruttare anche in versione 2.0 le vecchie logiche di cura delle fonti e networking professionale, Relativamente poco diffuso anche l’utilizzo in funzione di ascolto e come termometro dell’opinione pubblica dei social: lo fa poco più della metà dei giornalisti nostrani, contro il 64% dei colleghi americani. Inoltre questi ambienti sembrano non essere sfruttati abbastanza per trovare storie e verificare o approfondire notizie: pratiche messe in atto da poco più del 40% dei professionisti italiani, contro rispettivamente il 64% e il 52% di quelli americani.

Proprio la possibilità di utilizzare i social network come fonti mette in campo una serie di difficoltà dal punto di vista professionale e deontologico. Da un lato, infatti, sono strumenti straordinari quando si tratta di coprire emergenze, avvenimenti lontani o inaccessibili fisicamente. Si pensi, per esempio, al terremoto del 2016 del Centro Italia o al caso di scuola della Primavera Araba: in questi frangenti i social e l’uso che ne stavano facendo i diretti interessati sono stati spesso la prima, quando non l’unica, fonte a disposizione dei giornalisti. Secondo l’indagine Ixè – Encato, i giornalisti nostrani si sono fidati abbastanza di questo tipo di materiali e continuano a farlo: almeno la metà considera affidabili, infatti, le notizie che corrono sui social, con il primato di fiducia attribuita agli utenti YouTube, Instagram e Twitter.

Se la professione del giornalista vive, poi, di continue relazioni con uffici stampa, addetti alla comunicazione e altre figure simili, per la maggior parte (il 48%) dei giornalisti italiani gli ambienti digitali non hanno cambiato il rapporto di fiducia che li lega a questi professionisti. Solo un giornalista su quattro dice, insomma, di fidarsi meno che in passato di uffici di comunicazione e simili, mentre c’è circa un 20% di professionisti che sembra fidarsi addirittura di più. Cosa chiedono, però, i giornalisti agli altri professionisti della comunicazione? Ancora i tradizionali comunicati stampa, meglio se inoltrati via email, uno strumento considerato più completo, soprattutto se con in allegato immagini, video, dati, infografiche.

L’indagine Ixè – Encanto prova a indagare anche la percezione che i giornalisti italiani hanno di sé e del loro lavoro. La nota dolente è che almeno il 43% degli intervistati ammette di essersi sentito «fuori luogo» e «obsoleto» in qualche occasione. Non è un problema di età: anzi, sono proprio i giornalisti più anziani che, probabilmente perché hanno vissuto tutte le ere e le transizioni delle professione, hanno reagito meglio alla digital disruption. Il risultato? Oltre il 60% dei giornalisti sconsiglierebbe a un giovane appassionato di intraprendere la sua stessa carriera.

Ultima modifica: Mer 22 Mar 2017