I germogli della buona notizia. Un libro che aiuta a riflettere sul messaggio di papa Francesco.

Vittorio Sammarco, Simonetta Blasi, Anthony Clifford Lobo, Maria Paola Piccini, (a cura di), I germogli della Buona notizia. Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo, LAS, Roma, 2017, p.262, € 18.00
È un polmone verde che irradia ossigeno puro per noi giornalisti, pellegrini alla ricerca della Verità, questo saggio che raccoglie dodici contributi di riflessione, a partire dal Messaggio di Papa Francesco per la 51ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. “Non temere, perché io sono con te (Is 43,5).

Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo”: non è solo un messaggio che noi giornalisti abbiamo già letto e riletto, donato al mondo il 24 gennaio scorso nel giorno del nostro patrono San Francesco di Sales, ma è un’àncora di salvezza per ormeggiare la nave della vita in un’epoca di smarrimento, in “tempi di incertezza economica” e “timori di terrorismo globale”.

A gettare quest’ancora di speranza “ancorata” nel cielo è l’“Oratore Universale della Parola”, il vicario di Cristo che per primo “incarna il Messaggio di Speranza all’umanità intera” invitandoci a macinare non zizzania ma grano, a seminare una comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro e del dialogo che mai concedano al male un ruolo da protagonista. Scorgere nella storia dell’uomo un filo di speranza, stare davanti alla realtà, guardarla e poi raccontarla con parole, gesti, segni e occhi nuovi è una sfida grande, che ci chiama a riconoscerci “parte di un comune destino, partecipi di una comunità, responsabili delle persone che la vita ci ha dato d’incontrare” come sottolinea nella prefazione del libro Don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI.

La pedagogia della speranza che apprendiamo dalla “scuola di Francesco” in fondo è tutta qui: “ogni nuovo dramma che accade nella storia del mondo diventa anche scenario di una possibile buona notizia, dal momento che l’amore riesce sempre a trovare la strada della prossimità e a suscitare cuori capaci di commuoversi, volti capaci di non abbattersi, mani pronte a costruire.”. Un messaggio universale che coinvolge tutti, non solo i cattolici perché se ci pensiamo bene l’identità spirituale che rende tale un uomo nasce proprio da quel senso di communio, per condividere con tutte le creature tanto il bene quanto il male che il fluire della storia ci pone dinanzi. Mai pugni chiusi ma sempre mani e cuore aperti: speranza è “sentire l’attrazione di un bene vero” come ricorda il filosofo Roberto Mancini, un bene vero che detta il senso direzionale della storia umana. La speranza, quale “struttura portante della condizione umana”, è sempre foriera di amore e di bene per l’altro quando è legata ad una communio, dentro “un incontro con l’Alto, di cui il tu terreno è presagio e rappresentazione, se pur imperfetta”.

Il ruolo dei media per costruire questa relazione che tenda al progresso umano è cruciale e in questo senso il giornalismo può diventare un tassello importante che racconta i fatti comunque essi siano, bad news o good news, in una prospettiva quanto più orientata verso il bene che nutre e genera speranza, motore insopprimibile della storia. “Non è il mezzo mediatico l’elemento che costituisce lo spessore ontologico della relazione, ma la persona in quanto tale”: possiamo usare parole, immagini, foto, possiamo mettere in scena una pièce teatrale tratta dal celebre dramma “Wit” vincitore del Premio Pulitzer nel 1999 o avvalerci di public speeches ispirati al modello TED talks, ma mai dobbiamo dimenticare di donare all’altro quel frammento di bene e di vita che è la speranza “piccola promessa di gemma che s’annuncia proprio all’inizio di aprile” come icasticamente la descrive Charles Péguy.

Ultima modifica: Ven 7 Lug 2017

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