L'odio e gli insulti agli idoli del pallone (2): i giornalisti possono 'educare' all'uso dei social

Prosegue il confronto sulla violenza di alcuni commenti sul calcio e sullo sport e sul ruolo di noi giornalisti per arginare il fenomeno..Il secondo intervento è di Riccardo Clementi, e mette l'accento sulla necessità della sensibilizzazione, il primo lo trovate ancora qui.

Amo il calcio, sono un tifoso della Juventus in terra fiorentina, tema su cui ho scritto pure il libro che ha dato il nome al mio blog www.generazionejuve.com , e dal punto di vista sportivo la notizia di Bonucci al Milan ha colto di sorpresa pure me, anche se il malessere era nell'aria. Ma quando sui social ho letto le offese, anche personali e rivolte ai figli, "vomitate" addosso a Bonucci, sono rimasto senza parole. Come avviene quando mi imbatto in qualche post che inneggia all'Heysel o alla tragedia del grande Torino o a chi augura la morte per una partita.

Davvero la passione per uno sport può trasformarsi in rabbia sociale e frustrazione umana così rancorosa e piena di livore?

Tante volte abbiamo ripetuto che i social network non sono buoni o cattivi in sé, tutto dipende dall'uso che ne viene fatto. Ecco, educare all'utilizzo intelligente e "sportivo" del mezzo, non sarebbe male. Un esercizio che dovrebbe cominciare dagli addetti ai lavori - società e federazioni sportive, calciatori, organi di informazione - che dello sport vivono e che con lo sport dovrebbero educare.

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Ultima modifica: Lun 17 Lug 2017

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