Fake news: chiamatela 'disinformazione'. L'Unione Europea presenta il suo piano d'azione. Ma c'è l'incognita delle risorse.

Via il termine "fake news", meglio parlare di "disinformazione", fatta di inesattezze, e imprecisioni, rese virali dal internet. L'Unione Europea presenta i risultati del Rapporto del gruppo di esperti (un dossier di una cinquantina di pagine) e subito dopo il Commissario per l'Economia digitale, Mariya Gabriel, promette interventi legislativi.

"Ora disponiamo di un'ampia gamma di materiale che ci aiuterà a presentare una serie di iniziative politiche per affrontare meglio i rischi posti dalla disinformazione diffusa on-line", ha detto.

A fine aprile (il 25) sarà presentato un piano d'azione mirato, senza censura e senza "black list" di siti da bandire. Però c'è l'obiettivo forte e dichiarato di un rinnovato coordinamento tra organizzazioni, mass media, piattaforme, organizzazioni della società civile, nel segno della "trasparenza".

Così viene suggerito, come norma di principio generale, che tutti i media digitali forniscano "le informazioni necessarie" a identificare chi c'è dietro un determinato tipo di notizie. Si punta anche a creare "Centri europei per i problemi di disinformazione", con il compito di monitorare il fenomeno. A questi stessi centri verrebbe inoltre dato l'incarico di identificare e mappare le fonti e i meccanismi di disinformazione sul web, e rendere disponibili i dati delle piattaforme al pubblico.

Il gruppo di esperti si attende un cospicuo investimento finanziario, intorno ai cento milioni. Ma certo saranno gli Stati membri a decidere l'entità del finanziamento.

Ultima modifica: Lun 12 Mar 2018