Dopo il caso 'Cambridge' e la scoperta della vulnerabilità dei nostri dati...

La crisi di credibilità che investe in queste ore il mondo dei social network, sospettati in qualche caso di avere venduto i nostri dati ai manipolatori professionali (e politici), potrebbe cambiare il nostro approccio alla rete?

Finora si pensava che questi strumenti potessero essere 'colpevoli' di diffondere molte notizie false o quanto meno non verificate, ma adesso la realtà si svela in modo diverso e ancora più preoccupante. Non solo veicolano informazioni, addirittura le carpiscono. E sono dati privati, sensibili, è come se ci prendessero l'anima: quello che pensiamo, che speriamo, che ci fa arrabbiare, che ci rende indifferenti. Di qui a farne un'arma di convinzione ideologica il passo è breve.

L'argomento è molto dibattuto, e noi apriamo questa pagina ai commenti FLASH dei nostri collaboratori (a.r.)

(in aggiornamento)

Salvatore Di Salvo

Su Facebook, su Twitter e Instagram ci si sta tutti interi, e dunque anche con il posto che si occupa nella società: un magistrato, un insegnante, un dipendente pubblico, un avvocato, un giornalista, un sacerdote, un operaio, un intellettuale, uno studente, una madre, un padre, un figlio, restano tali anche quando si esprimono sui loro account personali. La reputazione non è solo quella che si guadagna sul lavoro, in famiglia nella società, nella chiesa, ma anche quella che si mantiene (o si sperpera) sui social, che non sono spazi di assoluta anarchia espressiva, dissociata dal resto della vita. Ci deve essere il buon utilizzo dei social, mantenendo la riservatezza, la privacy e il rispetto dell’altro. La vulnerabilità dei dati passa attraverso la nostra ignoranza di saper domare i social.

Nicola Sangiacomo

I social sono la piazza moderna. Quando ti esprimi parli in pubblico e ti esponi alla possibilità che qualcuno possa utilizzare I dati che raccoglie per raggiungere i suoi obiettivi. Dobbiamo educarci a vivere nella piazza di oggi che è molto più grande e frequentata di quelle tradizionali

Riccardo Clementi                                                                                                                                                                                                                                                      

I social network, per la loro struttura disintermediata e immediata, spesso ci impediscono di ponderare bene parole e concetti, ci rendono un po' condizionabili e ci inducono ad esprimerci con istintività così da rivelare lati meno noti di noi.

Luca Collodi

Il problema della privacy è antico. I colossi del web trovano forte complicità negli utenti della rete. Per avere un 'mi piace' in più, siamo disposti a concedere molto. Non vorrei che le oligarchie UE e UK incolpassero ora la rete perché hanno perso potere. Vedi Brexit e elezioni politiche in vari Paesi, con risultati opposti agli interessi delle elite finanziarie. Il problema vero è che la rete ha sostituito i partiti e il loro ruolo democratico tra la gente.

Fabio Figara

La vicenda di Facebook ci costringe, ancora una volta, a riflettere sul ruolo delle Fake News e degli algoritmi, una sorta di "schiavitù" moderna che fatichiamo a contrastare. E a capire.
In questo scenario solo il giornalismo, inteso come missione e servizio, può aiutare a creare una coscienza comune per affrontare una sfida di tale portata.

Ultima modifica: Mer 21 Mar 2018

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