'La Rai che vorremmo'. Il confronto pubblico (alla vigilia delle nomine del CdA) nella nostra sede a Roma, con le 'parole chiave' per il rilancio possibile a auspicabile.

Una quindicina di candidati al Consiglio di Amministrazione della Rai (tra interni ed esterni) sono intervenuti lunedì 16 luglio presso la sede Ucsi di via in Lucina all'incontro promosso da ADPRAI (Associazione Dirigenti Pensionati Rai), Ucsi e Infocivica alla vigilia delle nomine del nuovo CdA del servizio pubblico e del voto da parte dei dipendenti Rai (previsto, per via telematica, il 19 luglio) che per la prima volta indicheranno un consigliere - dipendente così come previsto dalla nuova legge.

Da più parti è stato espresso apprezzamento per l'iniziativa, di fatto l'unica occasione di dibattito pubblico tra i candidati, mentre sulla Rai o grava il silenzio o si levano attacchi pretestuosi e strumentali.

Pubblichiamo di seguito l'intervento introduttivo fatto da Andrea Melodia a nome delle tre associazioni, che lo hanno condiviso.

Sottolineiamo, dei successivi interventi, alcune parole chiaveun piano industriale credibile e misurabile, risorse certe, nuove tecnologie, web e social, servizio pubblico sul territorio, valorizzazione delle risorse interne, ridefinizione di un corretto dialogo con la politica, revisione delle regole di governance e della cornice di servizio pubblico che ha tra i suoi scopi, come previsto dal contratto di servizio, la coesione sociale.

Il futuro della Rai si lega al futuro della società italiana e alla qualità della democrazia.

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Il testo che segue costituisce l’introduzione letta agli intervenuti durante l’incontro pubblico nel quale tre associazioni, ADPRAI – Associazione Dirigenti Pensionati RAI, UCSI – Unione Cattolica Stampa Italiana, e Infocivica- Gruppo di Amalfi, hanno invitato i candidati interni e esterni al Consiglio di amministrazione RAI a discutere i problemi dell’azienda.

Vi abbiamo invitati nel tentativo di combattere l’assordante silenzio che accompagna in questi anni la questione del servizio pubblico. Vorremmo che questo fosse un punto di partenza perché intorno alla RAI, che oggi si comporta come una cittadella assediata destinata a cadere, ci fossero trasparenza e interesse pubblico, consentendo così l’arrivo di rinforzi agli assediati. Non vi abbiamo raggiunti tutti, per colpa di Camera e Senato che non avendo organizzato alcuna audizione o dibattito, hanno oscurato anche le vostre email.

Perché ci interessa la RAI? A parte le lunghe frequentazioni di alcuni di noi, non siamo certo rappresentanti di un “partito RAI”, anzi siamo dell’idea che la RAI così com’è oggi rischia di durare poco e dunque va cambiata profondamente.
Tuttavia, siamo convinti che il problema della qualità della comunicazione sia oggi centrale, perché è in gioco la sopravvivenza della democrazia in una società pacifica e in sviluppo.
Di conseguenza, far funzionare correttamente un servizio pubblico della comunicazione è oggi più che mai essenziale. La RAI dovrebbe essere un punto di partenza, non di arrivo.

Cosa vogliamo dalla RAI? Anzitutto che smetta di vivere alla giornata, e che una dirigenza autonoma e capace, capace di dialogare con la politica senza sudditanza, le ridia lo slancio necessario.
Che si renda conto delle sue responsabilità, ricostruendo la cultura aziendale del servizio pubblico. Avendo in ogni attività produttiva, come obbiettivo essenziale, l’utilità sociale: cultura per tutti, corretta informazione, valori condivisi.
Che si apra ai giovani e ai nuovi media, aiutando soprattutto loro a costruire una responsabilità sociale nell’uso dei media. La trasformazione in media company non può essere un lento trapasso indolore. Tra l’altro, anche i giovani hanno diritto ad una offerta generalista: l’aggregazione dell’offerta in canali di flusso – pratica che non sembra affatto moribonda ma che certo va ripensata anche a causa delle prossime riduzioni della banda disponibile - non deve riguardare solo gli anziani. Tutto questo richiede un grande lavoro di selezione di nuove energie professionali, di formazione, di integrazione dei percorsi produttivi (no al metodo Gabanelli: il web non è separato dal resto) e di sostegno alla neutralità tecnologica generale (non ci sono piattaforme privilegiate). Il cittadino utente deve essere servito ovunque si trovi, con qualsiasi tecnologia, su qualsiasi device. E un servizio pubblico della comunicazione deve avere un ruolo significativo e trasparente nella produzione e nel controllo degli algoritmi.

Cosa faremmo in RAI al posto vostro?
Cominceremmo a rivoltarla come un calzino: organizzata per prodotti e generi e non per reti e testate, passaggio dall’ottica broadcast a quella della produzione transmediale, dalla quale rivitalizzare anche il broadcast e sviluppare il simulcast.
In particolare deve essere de- e ri-strutturata l’informazione, accorpando le testate, creando un’unica newsgathering aperta al territorio, portando l’informazione locale in tutti i canali generalisti, e superando la diarchia tra informazione di rete e di testata. Vorremmo sognare una testata unica RAI, con un direttore senior editor all’americana, che si occupi di etica professionale, dei conflitti interni e dell’equilibrio del sistema, e tanti vice che gestiscono i contenuti finali nei canali distributivi, con organici ridotti e il supporto di una grande e unitaria struttura di produzione transmediale delle notizie. Salvaguardando qualità, approfondimenti, diversità di approcci, pluralismo, efficienza e efficacia. Per sentirsi parte di una impresa sociale diretta a mediare e pacificare, e insieme ad aborrire il pensiero unico.

Le strategie di alleanza della RAI vanno profondamente ripensate, sia a livello nazionale, sia europeo e internazionale. Non si può restare piccoli nel mondo globalizzato. Occorre aumentare le coproduzioni e avviare nuove strategie distributive, a cominciare dal web. Canale e produzione in inglese sono passi necessari, come la valorizzazione della cultura italiana all’estero.
Va sostituita rapidamente la centralità degli indici di ascolto, come criterio di valutazione primario della performance aziendale, con quella degli indici di coesione sociale introdotti nel nuovo contratto di servizio (l’indice di coesione sociale non prescinde dai livelli di ascolto, li comprende ma li finalizza a un obbiettivo di servizio pubblico).
La RAI non deve combattere la concorrenza, ma mettersi al centro di un percorso virtuoso di valorizzazione dei media di qualità, ovunque prodotti.

Bisogna sgomberare il campo da sciocchezze tipo “privatizzazione” o “vendita di pezzi”.
Occorre smetterla di distinguere tra “ciò che educa” e ciò che è “commerciale”. La RAI servizio pubblico deve “educare” anche nell’intrattenimento, altrimenti tanto vale chiuderla. La gestione separata dei budget è una invenzione di Bruxelles che va superata.
La RAI deve usare bene le sue risorse professionali e tecniche, che sono il vero patrimonio aziendale. Rompere le gabbie professionali e salariali, esaltare la collaborazione e l’interscambio tra i ruoli, e considerare gli appalti, quando necessari, come una risorsa da controllare e gestire, e non viceversa come avviene oggi soprattutto nelle reti TV.
I settori strategici per la vita dell’azienda, che sono la formazione, la ricerca tecnologica, la selezione e valorizzazione di talenti creativi e artistici oltre alle altre professionalità necessarie per produrre contenuti di qualità, non possono essere affidati a terzi.
Viviamo in una società multietnica. Ricordarsene significa svilupparne le potenzialità e superare le inevitabili paure. Costruire la nazione, anche valorizzando l’appartenenza europea, non può prescindere da questa realtà.
Il contratto di servizio è uno strumento poco lungimirante e migliorabile ma dignitoso, non lasciare che burocrazia e convenienze lo sviliscano ulteriormente.
La radio è una grande potenzialità, ieri oggi e domani. Va sviluppata e mantenuta nell’ottica integrale del servizio pubblico, non marginalizzata.

In conclusione, i tre grandi settori di competenza che si richiedono ai nuovi amministratori sono mercato, prodotto, e tecnologia. Tutto questo nell’ottica del servizio pubblico. Auguriamo ai nuovi amministratori di riuscire a realizzare questa sintesi.

Ultima modifica: Mar 17 Lug 2018

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