Bullismi in rete, un incontro tra educazione e corretta informazione. Lo ha promosso, a Roma, l'Ucsi Lazio

Diventare “Vite senza soggetto”. È questo il rischio più grande che corrono le nuove generazioni di ‘nativi digitali’, sempre più esposte agli schermi di smartphone e computer, avvolte dalla rete del web all’interno della quale il bullismo si propaga.

Il convegno “Bullismi in rete”, promosso dall’Ucsi Lazio e dal Corecom Lazio, di giovedì 25 Ottobre - ospitato dal Liceo Seneca della Capitale, in un’aula magna gremita di ragazzi liceali e giornalisti – si è rivelato la sede ideale per esporre e commentare gli effetti di un fenomeno dilagante. La violenza in rete è certamente uno dei fenomeni più allarmanti dei nostri tempi e la sua diffusione va di pari passo con la disponibilità dei nuovi dispositivi digitali (soprattutto gli smartphone a portata di mano) e la disponibilità di nuove applicazioni web (i social network).

I dati

Un fenomeno che coinvolge persone di ogni categoria sociale, professionale e culturale ma che ha come principali vittime i soggetti deboli, in particolare i minori, come confermano a livello nazionale i dati Istat, secondo cui più del 50% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni ha avuto a che fare con episodi di bullismo, e a livello regionale le recenti indagini nel Lazio (“Web reputation e comportamenti a rischio online degli adolescenti in Italia”) svolte dall’Università La Sapienza e Lumsa per il Corecom Lazio, da cui emerge che i rischi più diffusi sono il bullismo sia offline che online (27,8), seguito dal sexting (20,1) e dall’abuso dei dati personali, con percentuali variabili a seconda delle sue diverse forme.

Per quanto riguarda il cyberbullismo il 39,6% delle vittime lo ha sperimentato su Facebook, il 31,7% su WhatsApp, il 14,3% tramite chiamate e SMS sul proprio cellulare, e l’8,1% su Instagram. Siamo di fronte ad un fenomeno del quale il cyberbullismo rappresenta la punta dell’iceberg di un deterioramento sociale che determina pesanti danni nelle vite dei ragazzi, sia sul piano personale sia in termini di educazione, acuendo il rischio di emulazione a proposito di comportamenti negativi.

I progetti

Il fenomeno, bullismo e cyberbullismo, ha ormai assunto una consistente visibilità nella società contemporanea e anche molti istituti scolastici, tra cui per l’appunto il Liceo Seneca di Roma, si rivelano molto attenti vigilando su comportamenti e dinamiche controproducenti, che possono essere considerati indicatori di bullismo.

Sul fronte istituzionale, inoltre, molti istituti (tra cui il Liceo Seneca), strutturano tavoli tecnici, coordinati dal MIUR – e composti da vari gruppi di interesse, associazioni di studenti e di genitori, associazioni attive nella protezione dei diritti dei minori, operatori che forniscono un servizio di networking, il Garante della protezione dei dati personali - per elaborare Piani d’azione Integrati, con l’obiettivo di attivare adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione, e per monitorare l’evoluzione del fenomeno.
Il MIUR, a sua volta, ha pubblicato “Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo”, nell’ambito del progetto “Generazioni connesse”, per prevenire e contrastare il fenomeno all’insegna di un uso corretto e consapevole delle tecnologie digitali.

Media Education

“Docenti consapevoli, genitori responsabili e tutela dei minori”, è invece lo slogan del Corecom Lazio riguardo alla Media Education. Non a caso il presidente del Corecom Lazio, Michele Petrucci, tra i relatori dell’incontro di giovedì 25 ottobre, ha ribadito l’importanza delle “regole per tutti”, a proposito di web. Di fronte ad una tecnologia sempre più impattante ed invasiva non si può additare un unico responsabile, che sia la società, la scuola, la famiglia, o gli stessi operatori dell’informazione e della comunicazione deputati a raccontare il fenomeno sotto varie forme. La tecnologia rappresenta una grande rivoluzione in positivo ma occorre esercitare “consapevolezza e responsabilità”, tutelando i minori alla luce di specifiche “normative” che per gli operatori dell’informazione si traducono in una specifica deontologia professionale, all’insegna dell’essenzialità e dello spirito di servizio, non in contrasto con la libertà di informare e il diritto, da parte dei cittadini, di essere informati.

Iperconnessi

Il professor Mario Morcellini, commissario Agcom, ha ricordato che i giovani tra i 15 e i 24 anni dichiarano di restare “connessi” per “oltre dieci ore al giorno, quasi integralmente da smartphone”, un dato allarmante che mette in evidenza la potenza dei mezzi digitali e del web, i quali da soli sembrano “esaudire la vita” dei soggetti interessati. Il web, da solo, “sembra bastare, soddisfacendo le aspettative di felicità dei più giovani”. In questo contesto l’invito del professor Morcellini a non abbandonarsi alla “freddezza degli schermi”: “siate voi a scegliere la comunicazione e non la comunicazione a scegliere voi”, ha raccomandato Morcellini ai presenti.

Ciò che pubblichiamo in Rete è “per sempre”, ha ricordato Paola Spadari, presidente dell’Odg Lazio, sottolineando la potenza diffusiva di internet, al quale mezzo “è necessario accostarsi con oculatezza e con sapienza”. Inoltre occorre “essere vigili” distinguendo le notizie buone da quelle non buone, estrapolando le fake news. In questo contesto “il giornalismo dovrebbe fare da arbitro”, esercitando al meglio la propria funzione di “mediazione”. “La prima regola del giornalismo è la responsabilità delle notizie che pubblichiamo e dei mezzi che maneggiamo”, ha ammonito la presidente Spadari, citando tra l’altro la Carta deontologica dedicata alla tutela dei minori, la cosiddetta Carta di Treviso, che rappresenta un caposaldo della deontologia professionale dei giornalisti.

La scuola

“Il 30 per cento dei ragazzi non si sente sicuro all’interno della scuola”, ha invece affermato Federico Bianchi di Castelbianco, psicologo dell’età evolutiva, che ha posto al centro del dibattito una domanda fondamentale: “Come mai certi ragazzi diventano bulli? Come sono diventati bulli?
La scuola sembra essere un luogo che non trasmette più sicurezza ai ragazzi e la loro solitudine spiana la strada agli episodi di bullismo. In sostanza, inoltre, non è più scontato il rapporto simmetrico tra incremento della comunicazione e espansione della socialità. I ragazzi molto spesso hanno semplicemente necessità di “parlare”, ha affermato il dottor Bianchi di Castelbianco, sottolineando la richiesta di “dialogo” inoltrata da diversi studenti ai loro docenti in varie scuole (per un approfondimento suggeriamo l’intervista al dott. Federico Bianchi di Castelbianco, di Maria Lucia Panucci, a questo link).

In questo contesto occorre promuovere l’educazione all’uso consapevole della rete internet e l’educazione ai diritti e ai doveri legati all’utilizzo delle tecnologie informatiche tramite appositi progetti, aventi carattere di continuità tra i diversi gradi di istruzione, elaborati singolarmente o in rete, in collaborazione con servizi territoriali, organi di polizia, associazioni ed enti. Una delle missioni della scuola - soprattutto in un tempo come quello presente in cui le tecnologie digitali sembrano imperare – è, non a caso, proprio quella di promuovere e sostenere i giovani nella formazione di una cittadinanza digitale consapevole.
L’educazione al digitale interessa comunque non solo i ragazzi ma anche le famiglie e i dirigenti scolastici, gli operatori dell’informazione e della comunicazione impegnati in un processo di lifelong learning, ed ecco quindi che entrano in gioco enti fondamentali, come il Corecom Lazio, con progetti di Media Education.

Relazioni più umane

Rispetto alla cronaca di certi avvenimenti, infine, “bisogna evitare la ‘gogna mediatica’”, come ha ammonito l’avvocato Iside Castagnola, esperta di diritti e tutela dei minori. La narrazione di episodi violenti dovrebbe evitare ogni forma di esagerazione. È di fondamentale importanza “realizzare un’educazione alla legalità e all’uso consapevole di Internet”, ha ricordato invece don Stefano Stimamiglio, esperto di comunità digitali, sottolineando inoltre che “relazioni sane generano individui sani e relazioni malate generano individui malati”.

La strada potrebbe essere quella delle “tre E” prefigurata da Donatella Trotta, giornalista e vicepresidente UCSI: “Educazione, Etica ed Emozione”.
In questo momento storico così rivoluzionario in cui assistiamo all’esplosione, e nel contempo all’implosione, della comunicazione (soprattutto della comunicazione face to face) occorre rinnovare l’alleanza tra ragazzi, genitori e professionisti (della scuola e dell’informazione), assumendosi ognuno le proprie responsabilità. Insieme occorre costruire una società migliore, battersi per un’informazione più essenziale e più responsabile, aspirare ad una comunicazione più umana, e quindi instaurare relazioni più umane, in grado di privilegiare (e rispettare) il soggetto più che enfatizzare la potenza del mezzo.

Ultima modifica: Mar 30 Ott 2018

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