Saper ascoltare, saper raccontare le città

In occasione della ricorrenza del Patrono dei giornalisti, San Francesco di Sales, il 26 gennaio UCSI Toscana ha organizzato, nell’aula magna della Gonzaga University di Firenze, la seconda edizione de “I media sono ancora capaci di ascolto?”. Nel sessantesimo anniversario dell’Associazione, una giornata di formazione sulla realtà complessa delle comunità locali.

Il fulcro della professione giornalistica è la capacità di saper ascoltare, e di trasporre, saper narrare le realtà delle comunità. Ma l’ascolto comporta una presenza, una prossimità tra persone, uno scambio reciproco, il coraggio di creare un contatto: ognuno di noi può nascondere una grande storia che aspetta solo di essere narrata, un tassello che fa parte di un’imponente rete su cui corrono speranze, sogni e scenari sconosciuti.26gen fi bracci

Il ruolo del giornalista, in questo, è di primaria importanza. Purché sia disposto a “scendere in strada” e non rimanere solo dietro ad una scrivania. Per Marco Bracci, sociologo (Università di Firenze), presentato da don Alessandro Andreini (Ucsi Toscana) e da Sara Bessi (presidente dell'associazione in Toscana, il comunicatore è ancora senza dubbio un «attore sociale rilevante, che regola la vita democratica di un Paese».

E proprio nell’era dei social media, che hanno stravolto sia il modo di “fare informazione” che di vedere il mondo da parte degli utenti, dei cittadini, il giornalista trova la conferma della sua “missione”. «La sovrapproduzione di notizie causa indubbiamente disturbo nel saper cogliere la realtà, e dove regna il disordine, in un periodo storico di analfabetismo funzionale, si celano stereotipi e semplificazioni: è dovere del comunicatore disporre delle giuste chiavi di lettura della società per raccontarne l’evoluzione, i cambiamenti, senza creare realtà con opacità sociale e visioni distorte, maturando così un rapporto di fiducia tra giornalista e pubblico.» Conoscere la base della società, le città, le periferie, è il punto di partenza.

«Il giornalismo locale è stato purtroppo sottovalutato, e nella stessa opinione pubblica è ritenuto come una parte del servizio di importanza inferiore rispetto al giornalismo nazionale. Eppure fatti e storie di singoli individui compongono la storia di una comunità, e di una società intera.» L’esempio è lo studio, compiuto dallo stesso Bracci, del rapporto dei media con la crisi industriale di Piombino degli anni ’92-’93, periodo di difficoltà economica profonda dovuta alla crisi delle acciaierie, con il passaggio da Ilva a Lucchini e i cambiamenti che affrontava la città in quel periodo di forte transizione. «Il comunicatore crea un rapporto, un filo conduttore con le vite di coloro con cui entra in contatto; studia l’evolversi dello strato sociale della città sotto ogni aspetto, crea un collegamento del presente con il passato locale e il futuro in cui è lanciata la comunità». Per adattarsi o ritrovare gli stimoli su cui si basa la professione, pur ritenendo comunque impossibile avere un’obiettività completa, è possibile lavorare molto sulla formazione, affrontando anche un processo di “ri-mediazione” della professione stessa.

È vero che risulta difficile essere sempre pronti ad affrontare i cambiamenti che ci circondano e sapere affrontare la realtà mutevole, che evolve velocemente, come accade oggi. Tuttavia, proprio per questo, «la capacità di ascoltare è fondamentale, così come l’incontro e l’interazione con le persone – conferma Fabrizio Brancoli, vice-direttore de “Il Tirreno”, introdotto da Antonello Riccelli (vice-presidente Ucsi nazionale). Purtroppo pare, a volte, che i mutamenti ci disturbino. E nel lavoro giornalistico non dovremmo permetterlo. Bruce Lee, attore, artista marziale e filosofo, diceva che “la maggior parte delle persone parla senza ascoltare. Ben pochi ascoltano senza parlare. È assai raro trovare qualcuno che sappia parlare e ascoltare”. È un pensiero che credo potremmo rivolgere anche alla concezione che abbiamo del giornalismo».26gen fi brancoli

Comunicare non rappresenta solo una mera produzione di notizie, ma può essere un servizio per approfondire la conoscenza di una comunità, per mettere in contatto persone, per creare dei rapporti: Brancoli cita come esempio la storia di un ristorante colpito da crisi economica, in cui, purtroppo, l’imprenditore finisce per suicidarsi. Un terribile fatto di cronaca ma che svela un lato positivo: la moglie del ristoratore non vuol far chiudere il locale, ma ha bisogno di raccontare questa sofferenza indicibile, e questo progetto di rinascita. Nel giornale locale trova gli interlocutori giusti per far conoscere la sua storia, che ha molto in comune con quelle di altri e, grazie proprio al quotidiano, arrivano i primi riscontri positivi da parte della comunità. L’attività riprende, e molti lettori diventano i nuovi avventori del locale, che ricomincia così la sua avventura.

«È stata una pagina bellissima di servizio e di condivisione, che ci ricorda quanto sia importante l’ascolto e la comprensione delle esigenze altrui, soprattutto nella nostra professione. Per questo non dobbiamo accusare stanchezza o arrenderci, e compiere sempre nuovi esperimenti di comunicazione, avendo l’umiltà di riconoscere e di adattarci alla realtà mutevole, senza incancrenirci nelle nostre prassi. “L’uomo moderno, sazio di discorsi, si mostra spesso stanco di ascoltare e, peggio ancora, immunizzato contro la parola”: il monito di Papa Paolo VI è più che mai attuale».

Ultima modifica: Lun 28 Gen 2019