Quel messaggio orientato alla comunità umana. L'Ucsi Friuli Venezia Giulia riflette sulle parole del Papa

Un 60° compleanno dell’Ucsi ricco di spunti, quello celebrato in Friuli Venezia Giulia il 6 giugno, presso la Sala della Torre della Fondazione Carigo di Gorizia.

Una quarantina i giornalisti presenti – l’incontro prevedeva 4 crediti deontologici per la formazione professionale continua – che, nonostante il caldo, hanno accolto con interesse gli interventi sul tema “Dalla community alla comunità: la deontologia e la cooperazione giornalistica a tutela della professione e della democrazia”.

Dopo una breve introduzione, è stato mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia, ad offrire alcune sottolineature sul Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: «Mi sembra davvero un messaggio interessante» ha affermato «che conferma l’attenzione del Papa ai mezzi di comunicazione, con un’attenzione specifica ad Internet. È interessante perché non si tratta di un messaggio strumentale al Vangelo, ma orientato alla comunità umana, alla quale gli stessi social media sono orientati. Una comunità umana fondata sulla Trinità nella quale c’è un Dio che è amore e comunicazione e comunica per entrare in relazione con noi. Certo, l’ambiente mediale è pervasivo e frammentato e mi chiedo sempre se esista la speranza che si autoregoli... ma c’è anche molto di invisibile che condiziona il web».

Tre le metafore che Redaelli ha messo in evidenza: la rete – perché la realtà non è una sfera, ma un poliedro -, la comunità – essa è più forte quanto più è coesa e solidale; e si basa sulla fiducia... perché la vita è piena di fede negli altri – e il corpo – perché ciò che è social è complementare all’incontro personale ed un corpo può essere la risposta ai rischi della comunità. A fianco a ciò, ecco i rischi della rete: le communities possono essere aggregati di individui che portano avanti i propri interessi; esiste il rischio di definirsi a partire da ciò che divide e non da ciò che unisce (aggressività); la rete può potenziare il nostro autoisolamento. Un intervento, quello di Redaelli, arricchito da aneddoti personali che hanno permesso un ascolto empatico, non usuale e quindi apprezzato.

Guido Baggi, presidente del Consiglio di Disciplina del Fvg, ha quindi inquadrato la questione del ruolo del giornalista nel panorama informativo attuale (fake news, difficoltà di verifica, precarizzazione del lavoro, disintermediazione ecc.) sottolineando come «la risposta ai tanti interrogativi sulla professione esistono già grazie alle leggi, ma forse ci sono sfuggite». Dalla Carta Costituzionale (art. 21) alla legge professionale (art. 48) al Testo Unico 2016 fino al Dpr 137/2012... «il giornalista non è un mestiere, ma una professione che implica quindi una responsabilità. O il nostro modo di essere ha una propria deontologia e diventa modo di agire, oppure significa non prendere sul serio se stessi e gli altri».

Uno sguardo ai dati regionali – su 72 procedimenti disciplinari, ben 60 sono stati archiviati per insussistenza, mentre 6 si sono conclusi con un avvertimento e 5 con una censura; a questo si affiancano i dati sulla formazione... ben 65 “zeristi” e qualche centinaio di colleghi che non hanno raggiunto i crediti previsti - indica una situazione molto precisa: «I giornalisti fanno poca formazione! E questa non consapevolezza sul ruolo e sulla necessità di essere formati è un dato che deve farci riflettere». Un accenno quindi alla difficoltà umana nel trovarsi a giudicare i colleghi, applicando sì le regole, ma dovendo per forza mettersi nei loro panni per capire le condizioni esterne che, spesso, li hanno indotti a commettere un errore o una violazione.

A fare il punto sul senso della professione è stata Fabiana Martini, coordinatrice di Articolo21 nella regione: «Che si tratti di una vocazione, di un percorso motivato o ancora di un percorso piuttosto casuale, il senso dell’essere giornalista deve essere quello di provare a fare il possibile per rappresentare la realtà dei fatti, per offrire un modo per orientarsi ed uscire dalla neutralità, che in alcuni casi può trasformarsi in complicità passiva - ha affermato - non dobbiamo mai dimenticare che l’informazione è la precondizione per la democrazia».

Martini ha quindi proposto - a partire dalla sua esperienza di direttrice di un settimanale prima (comunità di redazione) e di coordinatrice di una community poi – alcuni spunti ed esercizi da poter sperimentare parlando dei casi di “mezzo servizio alla verità” - «la realtà è sempre più complessa. Fare comunità aiuta a vedere i diversi punti di vista. La comunità è necessaria come scambio di competenze e di relazioni» -, del valore dell’umiltà - «dobbiamo scrivere di tutto, ma non possiamo pensare di essere dei tuttologi, quindi chiedere a qualche esperto è una buona pratica» - e dell’utile esercizio di individuare i temi sui quali l’informazione è distratta – un esempio per tutti, la violenza sulle donne e i bambini e i temi dell’educazione, puntualmente tralasciati da un’eccessiva esposizione della questione migratoria -. Un breve accenno, infine, al fatto che – citando il Manifesto della Comunicazione non ostile (Parole O_stili) sottoscritto anche dall’Ucsi - «virtuale è reale. Quindi community è già comunità».

Ad Alberto Lazzarini, membro della Giunta nazionale Ucsi, è toccato quindi il compito di essere memoria storica dell’Ucsi in questi primi 60 anni di attività e di portare il saluto della Presidente nazionale, Vania De Luca: un ricordo delle origini, dei primi consigli (dal quale transitò anche Giuseppe Lazzati), della nascita (qualche anno dopo) della Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici (Fisc), di alcune esperienze regionali importanti come la memoria della preghiera di Giovanni Paolo II sul luogo della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna – che Ucsi Emilia Romagna ripete ogni anno dal 1990 – e la felice esperienza degli “Incontri di Grado” che sono stati fondamentali sotto tanti aspetti. Uno sguardo, quindi, al presente con la Giunta nazionale in carica che è nuova per diversi motivi: per il cambio dei vertici, per il lavoro di valorizzazione e modernizzazione della rivista “Desk”, per l’uso dello strumento delle newsletter quindicinali, per lo strumento del sito nazionale costantemente aggiornato, per l’utilizzo dei canali social, Twitter e Facebook, oltre che per il lavoro paziente e non semplice di ristrutturazione dell’Associazione. Infine un plauso ai relatori per gli spunti offerti e un augurio ad Ucsi Fvg per un futuro che sia luminoso per la comunità regionale tutta.

In chiusura, una provocazione del pubblico: forse non basta esserci come comunità e per la comunità, ma bisogna tornare a fare opinione pubblica.

fvg6giugno pubblico

 

Ultima modifica: Ven 14 Giu 2019