AperiUcsi on line: quale rete è pensabile tra comunicatori cattolici?

Il 4° AperiUcsionline di giovedì scorso, 21 maggio, si è confermato per Ucsi Friuli venezia Giulia un appuntamento atteso: a forza di incontrarsi, anche se non ancora di persona, ci si prende gusto. Per animare l’incontro si è scelto di condividere le riflessioni sulla vicenda di Silvia Romano con tutte le sue implicazioni e sulle possibili reti di collaborazione tra realtà ecclesiali che si occupano di comunicazione.

È sentimento comune che il ritorno in patria della giovane Silvia Romano sia stato gestito giornalisticamente molto male e che sarebbe stato opportuno un maggiore silenzio. Media e social media, al suo rientro in Italia, si sono scatenati in un profluvio di notizie, illazioni, ipotesi, smentite e hatespeech che ha lasciato tutti basiti. L’odio in rete ha avuto una viralità impressionante: altro che pandemia! Sconcertante, poi, agli occhi di tutti la passerella politica messa in scena il giorno del rientro a Ciampino.

Certo, rimangono perplessità sulla Ong che forse non ha garantito adeguati standard di sicurezza... e sulla conversione all’islam tutti concordano nel dire che «dipende a quale tipo di islam ci si riferisce»: resta unanime il rispetto per la persona e per il suo percorso doloroso di prigionia, perché la maggior parte di noi non ha la minima idea di cosa possa avere passato in quei mesi. Aspetti intimi e personali sui quali gli interrogativi ci sono e, nel tempo, le risposte dovranno arrivare. Pare fondamentale, però, salvaguardare il patto di cittadinanza e capire bene la differenza tra un prigioniero civile e uno militare: lo Stato ha il dovere di liberare i civili (e Silvia non era in Africa in guerra); se anche fosse stata convertita a forza, non ha perso la sua dignità di persona.

Interessante il punto di vista dei giovani Ucsi Fvg che hanno ricordato come Silvia «faccia parte della generazione di giovani che possono viaggiare dove vogliono e sono facili da stereotipare. Generalizzando si finisce per dire su di loro, come su di lei, di tutto e di più. Il suo non è un terzomondismo cieco, ma noi sentiamo gli altri popoli talmente uguali a noi da volere che anche loro possano avere le nostre stesse opportunità».

Il problema, fanno notare, è che in questo periodo non vi sono arene di discussione all’infuori dei social, quindi tutti si sono scatenati in quell’ambito. E più che parlare di una conversione da un credo ad un altro, sarebbe importante ricordare la necessità di convertire l’altro all’ascolto reciproco. Esiste inoltre una contropartita per i cattolici, perché gli insulti sono arrivati anche alla nostra parte: come se il solo fatto di avere una fede sia qualcosa di anomalo contro cui ci si sente autorizzati a scagliarsi.

Il secondo punto di condivisione ha interrogato i partecipanti su: quale rete è pensabile tra vescovi, uffici stampa diocesani, redazioni dei settimanali e delle radio diocesane, commissioni per le comunicazioni sociali, Ucsi e comunicatori cattolici? Le sinergie sono possibili oltre che necessarie? C'è apertura in questo senso? «Le sinergie fatte bene non sono gratis» viene ricordato bene da alcuni: servono e sono necessarie, ma richiedono sempre tempo ed energie e non tutti sono disponibili ad investirli. Fare rete, ma... non è detto che la rete rappresenti tutta la rete. Viene sottolineato come la rete sia un modello organizzativo che include i rapporti informali e personali che servono. Quindi la domanda di fondo da farsi è: quali bisogni vi sono per mettere insieme le risorse? Per creare un progetto innovativo serve fare discernimento: creare cose nuove per attirare risorse (che mancano sempre di più). E magari fare rete a partire dai giovani che sono maestri nel parlare per conoscersi e condividere idee.

Per alcuni c’è alla base una questione culturale e un atteggiamento mentale da cambiare nella Chiesa: c’è ancora troppo clericalismo e, oltre ad avere qualcosa da dire, è necessario mettersi insieme per scegliere cosa dire e con quali strumenti. Il dialogo tra laicato e Chiesa ha bisogno di trovare le parole giuste. Forte ed urgente il tema del patto educativo globale rilanciato da Papa Francesco (che è un obiettivo) e del rapporto intergenerazionale (che diventa il tema). Perché non creare una competenza comune tra enti che si occupano di comunicazione nella Chiesa? La competenza può creare comunità e potrebbe sostenere un cammino comune tra tutti i soggetti coinvolti.

Ultima modifica: Ven 29 Mag 2020