La buona notizia/5: lo sport unisce, a Livorno nasce l'Africa Academy Calcio

Il pallone da calcio rotola sul campo livornese dell’Orlando Calcio, portando con sé i sogni di tanti giovani giunti in Italia affrontando il deserto, soffrendo la sete e la fame, vittime inconsapevoli di delinquenti e dello sfruttamento delle loro terre, di guerre e lotte fratricide senza fine.

Li accomuna una speranza, quella di poter trovare una vita migliore in Europa dopo aver attraversato il mare, dopo aver rischiato la vita. A questi ragazzi servono cibo e vestiti, ma anche un’identità, un’educazione. E non solo.

A questo punto, lo sport entra in gioco: divertimento, ma soprattutto simbolo di speranza, di ciò che può cambiare la loro vita. È nata così l’idea di una squadra, di un’Accademia del Calcio per ragazzi immigrati, grazie all’intuizione di Franco Marrucci, già tecnico della Milan Academy, oggi vice-presidente del CSI di Livorno e DT del nuovo gruppo sportivo: l’Africa Academy Calcio.

Un gruppo di giovani, provenienti da Paesi quali Gambia, Costa d’Avorio, Togo, Nigeria e Senegal, e gestito grazie all’aiuto di Massimo Terranova, istruttore tecnico dell’Academy Livorno Calcio, e di Paolo Mazzaccherini. Il progetto, sostenuto dalla Diocesi di Livorno, dalla Caritas diocesana, dal Livorno Calcio e dall’Assessorato allo Sport del Comune di Livorno, lo scorso dicembre ha ricevuto la “menzione speciale” da parte del Presidente nazionale del CONI Giovanni Malagò, in occasione del meeting conclusivo dell’edizione 2016 del progetto “Sport e Integrazione”. Il premio è stato ritirato al Circolo del Tennis “Foro Italico” di Roma dal Presidente del CSI Livorno Gianni Zanazzi, dallo stesso “mister” Franco, e dal tecnico Kevin Carrasco. Recentemente l’allenatore ha raccontato questa straordinaria esperienza anche ai microfoni di Radio Vaticana.

«Quando ho visto per la prima volta questi ragazzi, non ho potuto fare a meno di piangere – racconta Marrucci, non nascondendo una certa emozione – indossavano solo una maglia o una canottiera, e un paio di pantaloni corti. Ho iniziato poi a conoscerli, dopo la prima accoglienza, insegnando loro l’Italiano al Centro Mondialità e Sviluppo Reciproco e al S. Egidio, perché, nonostante conoscano l’Inglese o il Francese, è giusto che imparino la lingua del Paese che li ospita, così come gli usi, i costumi e le leggi». Ma per dei ragazzi poco più che diciottenni, trascorrere le giornate tra centri di accoglienza e studio è limitante. «Ho pensato fosse giusto dare loro la possibilità di divertirsi.

Così è nata questa squadra straordinaria. E il premio del CONI è un riconoscimento importante che questi ragazzi meritano per l’impegno e la dedizione che hanno verso il gruppo, e il rispetto di valori quali l’amicizia e il fair play. Quando giocano, possono tornare a sorridere, e dimenticare, per qualche istante, le brutture da cui sono fuggiti. È questa la bellezza del vero sport: rendere ognuno partecipe, senza distinzione di colore».

Ultima modifica: Ven 24 Mar 2017