Conclusa a Casal di Principe la terza scuola di giornalismo investigativo.

Si è svolta nei giorni scorsi a Casal di Principe la terza edizione della “summer school” di giornalismo investigativo organizzato dall’Ucsi di Caserta e da Agrorinasce. E’ una iniziativa che già dal prossimo anno diventerà stabile che diventerà stabile in questi luoghi e coinvolgerà giornalisti, scuole e associazioni del territorio.

Intanto la “tre giorni” del 2017 è terminata con una sessione di approfondimento dedicata a Don Peppe Diana, parroco ucciso il 19 marzo del 1994, giorno del suo onomastico, anima di un movimento crescente di resistenza anticamorra. Augusto Di Meo, testimone dell'omicidio ha raccontato dell’omicidio, i cinque colpi esplosi contro il volto di Don Diana, da un uomo che era stato accompagnato in sacristia. L'informazione è stata parte integrante della "resistenza anticamorra" realizzata a Casal di Principe ma allo stesso tempo strumento di depistaggi e calunnie, per raccontare un movente passionale inesistente.

Un programma intenso quello della scuola, che ha approfondito anche il caso del presidente dell'Eni Mattei, spiegato dal procuratore Calia, coordinatore della terza indagine, quella che ha fatto luce sulla la morte di Mattei come omicidio deliberato. La seconda giornata ha approfondito con al tre testimonianze la storia di due giornaliste uccise all’estero. Quella di Ilaria Alpi che “è stata uccisa per il suo lavoro -ha detto Luciano Scalettari di Famiglia Cristiana;- le hanno messo un bavaglio di morte perché le cose su cui stava indagando avrebbero portato molto sconquasso nell'Italia di allora". E quella di Maria Grazia Cutuli uccisa dai talebani in Afghanistan. Il 9 novembre prossimo si terrà l'udienza del processo avviato dopo 15 anni lo scorso anno, ricorda l'inviato di guerra Fausto Biloslavo, senza nascondere di nutrire poca speranza, a distanza di tempo, di arrivare a un risultato. “I giornalisti sono nel mirino” ha detto Biloslavo, ricordando che dal 2001 al 2015 sono 354 giornalisti uccisi, 74 nel 2016 e 24 nel 2017. Sono, invece, 188 in carcere.

Tre sessioni sono state dedicate alle stragi di Falcone e Borsellino e alla lotta antimafia, con l’esperienza dei giornalisti Toni Mira di Avvenire e Antonio Roccuzzo di La7, e di chi con Falcone e Borsellino ha lavorato.
L’eredità di Falcone e Borsellino non è quantificabile. Lo è quella della persona più ricca del mondo ma la loro no. Perché è immateriale ed è di una tale nobiltà che è destinata a non morire mai”, ha detto Giuseppe Ayala, pubblico ministero al maxiprocesso di Palermo. E l’ex ministro di grazia e giustizia Claudio Martelli ha ripercorso gli anni in cui chiamò Falcone a Roma, al Ministero e di quando gli affidò la Procura nazionale antimafia, ma anche le voci che si scagliarono contro Falcone in più momenti, gli ostacoli e le resistenze verso alcune scelte maturati in ambienti politici e giudiziari.

Ultima modifica: Gio 28 Set 2017