In ricordo di Elisa Costanzo.

Elisa Costanzo ci ha lasciato per sempre. Ha chiuso i suoi occhi alle 4,00 di domenica 1 ottobre, mentre il buio resiste alla luce. Aveva solo 41 anni. È stata improvvisamente consumata da ciò che chiamiamo una “brutta malattia”. Cellule impazzite che scopri di avere troppo tardi senza riuscire a contrastarle. Settimane di agonia, vissute senza mai perdere la sua eleganza anche quando era costretta a rimanere nel letto di ospedale.

Come stai Elisa?” gli chiedevo quando andavo a trovarla. Si raccontava. Era lucida. Cosciente su ogni dettaglio che gli aveva cambiato la vita per sempre. Fino all’ultimo è stata sorretta dalla vicinanza dei suoi due genitori, due insegnanti discreti e buoni e da Massimo, suo compagno di vita.

Per molti di noi è stata un’amica e una collega preziosa. Colta ed elegante, ironica e mite. Il giornalismo è stato la sua missione. Amava citare Kapuscinski, per il quale: «Il vero giornalista è quello intenzionale, vale a dire quello che si dà uno scopo e che mira a produrre una qualche forma di cambiamento». Si era laureata in lettere a Trento, aveva frequentato la scuola di Giornalismo “Carlo De Martino” a Milano. Poi il primo impego come assistente del direttore alla McCann Erickson e come ricercatrice alla Maesina International Search. A Roma era nota per essere il volto dell’ufficio stampa della Svimez.

Poi finalmente la realizzazione di un sogno. Mi aveva chiamato perché voleva farmi una sorpresa e festeggiare: “Ho vinto il concorso in Rai”. Da lì il lavoro all’Ufficio Stampa di viale Mazzini.

La vita l’aveva provata. Sapeva cosa significa soffrire per una persona che ami e poi muore. Eppure non ha mai smesso di ricercare Dio, nella persona di Gesù. Con alcuni gesuiti era andata in Terra Santa per leggere il Vangelo nei luoghi attraversati dal Signore. Ha vissuta anche le come pellegrina, cambiando case e luoghi. Era contenta per aver trovato una suora intelligente con cui confrontarsi. Nell’Ucsi sapeva di condividere un’esperienza di fede con altri colleghi.

Quando ci siamo salutati l’ultima volta, da buoni piemontesi ci siamo solo riconosciuti con uno sguardo per dirci in silenzio che la morte non può distruggere il corpo che vive sotto la carne. Quello appartiene a Dio. È come il seme delle nostre campagne che per vivere ha bisogno di morire. Ma quanta paura in frazioni di secondi. Eppure Elisa lo ha creduto fino alla fine. Adesso sembra chiederlo a noi di continuare a crederlo con lei. Ne era convinta allo stesso modo di Giobbe che, provato dal dolore, esclamò: “Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero”.

Davanti alla vita di Elisa vengono alla mente come preghiera alcuni versi di Leclercq:
Un giorno, il tuo giorno, mio Dio,
io verrò verso di te.
E nella autentica esplosione della mia resurrezione,
saprò allora che la tenerezza sei tu,
che la mia libertà sei ancora tu.
Verrò verso di te, o mio Dio,
e tu mi donerai il tuo volto”.

Buon viaggio, Elisa. Ogni ricordo di te è presenza! Perché non muore nessuno nel cuore.

nella foto: Elisa Costanzo riceve il Premio "Addetto stampa dell'anno" (2007)

Ultima modifica: Lun 2 Ott 2017

UCSI - PI 01949761009 - CF 08056910584 - Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 224 del 29/09/2014 - Tutti i diritti riservati