'Il giornalismo è un'autentica missione'. A Imola l'incontro per la festa del patrono.

"Si vuol dare sempre più l'idea di un Paese frantumato, sull'orlo del collasso". Ma non è così: ecco perché il ruolo del giornalista è tanto importante, per offrire "un aiuto a questo disorientamento e volto a far diminuire la paura e a 'rigenerare l'umano'". Lo ha detto il vescovo Massimo Camisasca davanti ai centocinquanta giornalisti che hanno preso parte al seminario 'Notizie false, deontologia e giornalismo per la pace' che si è svolto venerdì 26 gennaio nelle sale dell'Arcivescovado di Imola.

L'incontro, coordinato da Alessandro Rondoni, giornalista, già presidente Ucsi Emilia-Romagna e direttore dell'Ufficio regionale per le Comunicazioni Sociali, era organizzato dallo stesso Ufficio in collaborazione con Ordine dei giornalisti, Fondazione Odg Emilia-Romagna, Fisc, Ucsi, Gater, Acer, GreenAccord.
L'immagine di San Francesco di Sales, proiettata alle spalle del tavolo dei relatori, ha testimoniato il motivo di fondo del seminario, organizzato in occasione della festa del patrono dei giornalisti.

Dopo il saluto istituzionale di monsignor Tommaso Ghirelli delegato per le Comunicazioni Sociali Ceer e vescovo di Imola, e le concrete testimonianze di alcuni direttori di settimanali regionali diocesani, Giovanni Rossi (presidente Ordine Giornalisti Emilia-Romagna) ha subito riconosciuto al mondo cattolico regionale una forte capacità propositiva nel campo della formazione professionale. Ha poi sottolineato la crisi nella quale versa il ruolo del giornalista spesso sottopagato, alle prese con il tempo che manca di continuo e dunque in difficoltà con l'obbligo (anche morale) di controllare le notizie. Di qui la grande responsabilità degli editori e, di conseguenza, la constatazione che "la cosa più difficile, per chi fa questo mestiere, è quella di battagliare all'interno del proprio giornale", per salvaguardare deontologia e libertà, al servizio del lettore e mettendo in campo impegno e sensibilità per selezionare le notizie all'interno di un sistema che sforna una "produzione massiva".

Quanto alle fake news, Rossi ha giustamente ricordato che non sono prerogativa del web. Già, la rete: gli stessi vertici di Facebook ormai la definiscono "corrosiva per la democrazia". Gli antidoti a questa deriva? Il gruppo di lavoro della Polizia postale è impegnato a smascherare le fake news dilaganti ma ce la farà e soprattutto basterà? La risposta passa certamente sia attraverso il rispetto delle regole deontologiche (l'Ordine dei giornalisti ha definito il testo unico che amalgama le varie Carte), sia attraverso la formazione (professionale, scolastica e personale) unitamente a "una mente flessibile come deve essere quella dei giornalisti".

Monsignor Massimo Camisasca (Commissione per le Comunicazioni Sociali Cei e Vescovo di Reggio Emilia) si è rivolto direttamente ai giornalisti ("Fate parte di un sistema più grande di voi stessi") ricordando la grande responsabilità che ricoprono alla luce dell'enorme potere che hanno le comunicazioni sociali: "molte vite dipendono da voi" tanto che "vite trascurabili" diventano potenti attraverso i media. Allo stesso modo si distruggono vite, magari solo "per desiderio di sensazionalità passando sopra al rispetto della persona e della verità". La notizia può costituire, insomma, una vera e propria arma.

I giornalisti devono confrontarsi e scontrarsi con editori e direttori, condizionati dalla pubblicità e non solo. I problemi deontologici da affrontare sono "giganteschi" creati, fra gli altri, dai poteri forti dei mondi della finanza, della chimica, della farmaceutica, degli armamenti. E intanto avanza il web. Con i social, infatti, "tutti possiamo essere protagonisti dell'informazione". E' allora la fine del giornalismo? Certo che no. Ma occorrono...linee guida, ad esempio bisogna "Trasmettere ciò che di autentico avete trovato nei fatti" anche se "vedere in profondità è difficile e dispendioso".

Anche il modo di "porgere" dev'essere efficace, anzi "affascinare". Il giornalismo è insomma un'autentica missione che nasce dalle battaglie continue degli operatori dell'informazione per raccontare con coscienza e discernimento "non inquinando la verità". Infatti, ha chiesto Camisasca, "E' un uomo vero chi calpesta la verità?". Il vescovo ha concluso lamentando le troppe cattive notizie che girano nei Tg e che "alzano il tasso di depressione tra la gente" inducendo a pensare che la nostra società non potrà farcela. Intorno, invece, abbiamo mille quotidiani esempi di cose che funzionano, di persone impegnate, di problemi risolti, di vita autentica e positiva.

Molto applaudito anche l'intervento di Paolo Ruffini (direttore di TV2000) che ha subito affermato "Quando cambia la comunicazione, cambia la società". Il web e i social hanno infatti determinato questa rivoluzione che però va governata senza rifugiarsi nell'arroccamento quale risposta al cattivo giornalismo in parte prodotto "dai nuovi padroni che governano gli algoritmi". La risposta passa attraverso la comprensione delle differenze, lo sviluppo della parresia e cioè della franchezza, la giusta selezione delle notizie vere, combattendo, come ha anche sottolineato lo stesso papa Francesco, l'eccesso di slogan e nella consapevolezza che la realtà è complessa. Dunque al giornalista si chiede, ad esempio, di non semplificare né di decontestualizzare, di non confondere se stessi con il protagonista del fatto e di considerare certamente importante l'audience che però non deve escludere la qualità.

Don Ivan Maffeis, direttore Ufficio nazionale delle Comunicazioni Sociali della Cei, ha ripetutamente citato il messaggio del papa in occasione della 52° Giornata delle comunicazioni sociali, soprattutto in riferimento al web che ha "rovesciato le gerarchie tradizionali dell'informazione", puntando su una forte personalizzazione. "Più che notizie si condividono biografie personali". C'è poi il rischio dell'autoreferenzialità, tanto più che si interagisce in ambienti omogenei e così "si finisce per rafforzare le nostre chiusure" proprio perché manca o scarseggia il confronto delle idee. I social, intanto, non sono la causa delle fake news (che peraltro ci sono sempre state) ma certamente le propagano di più e meglio tanto che oggi possono raggiungere un numero enorme di persone portando discredito e divisione secondo la "logica del serpente" davanti alla quale il papa ci mette fortemente in guardia.

Ultima modifica: Gio 1 Feb 2018

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