La sfida della cultura. I Vescovi toscani ridanno la parola a don Milani

La forza della parola: è questo il titolo che i Vescovi della Toscana hanno dato a una loro ricca e coinvolgente riflessione in riferimento al 50° anniversario della morte di don Lorenzo Milani, uscita due settimane fa in forma di Lettera pastorale su formazione e comunicazione presso Edb.

Sei capitoli per un percorso di approfondimento sul tema della parola e della lingua, così caro a don Milani da farne, in un certo modo, l’argomento principale, se non unico, delle sue indimenticabili lezioni nella Scuola di Barbiana. È la lingua che fa eguali, non si stancava di ripetere ai suoi ragazzi che sognava di poter aiutare a diventare veramente uomini e cittadini, la sola base di partenza per arrivare a essere anche dei veri cristiani.

A distanza di settant’anni dall’uscita del suo primo, provocatorio libro Espe-rienze pastorali, i Vescovi toscani tengono a dirci che le questioni da lui sollevate sono ancora tutte o quasi davanti a noi.

In un mondo profondamente mutato, ma dove il moltiplicarsi degli strumenti della comunicazione non ne ha paradossalmente migliorato la qualità. Al contrario, scrivono, la “galassia elettronica” in cui siamo immersi sta facendo fare bancarotta alle nostre parole: «sempre più rare sono le “parole parlanti” che esprimono, cioè, un pensiero che le sostiene e le motiva, sostituite ormai quasi del tutto da “parole parlate”, ripetitive, vuote e, proprio per questo, assordanti. Il nostro è, il più delle volte, un parlare rutiniero e burocratico, distratto e inefficace».

E questo, a dire il vero, anche in tante comunicazioni ecclesiali, a cominciare dalle omelie, piene spesso di affermazioni di principio svuotate di vero contenuto e rapporto con la realtà. Lo denunciava già, a suo tempo, il beato John Henry Newman, citato nella lettera, che temeva che le “parole irreali”, fondate non sull’impegno umile della vita, ma su un certo autoinganno e su una sottile disonestà presente, potessero coinvolgere anche la comunicazione della fede, con il rischio che una condizione di «irrealtà potrebbe appropriarsi della stessa Chiesa». E non è un rischio che tutti conosciamo?

Chiamare le cose con il loro nome. Trovare parole che tocchino il cuore e la mente, anche a costo di provocare e, perché no, scandalizzare. Pronunciare parole fondate sulla vita, che dalla vita vengano e alla vita ritornino.

Ecco il tema della lettera dei Vescovi toscani che, con questa riflessione, indicano finalmente e senza imbarazzi il magistero culturale e spirituale di don Lorenzo Milani come un tesoro cui guardare con gratitudine e venerazione. Lo aveva già fatto papa Francesco nel suo memorabile viaggio a Barbiana quando, quasi in conclusione del suo discorso, aveva solennemente affermato che la Chiesa riconosce nella vita di don Milani «un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa».

E ora che, particolarmente in Italia, gli scenari politici sono del tutto cambia-ti ed è venuta meno quella società civile che ha caratterizzato la nostra storia al-meno nel secondo dopoguerra, con pagine memorabili di impegno e di rinnova-mento, il grido di Barbiana torna a risuonare con forza nella Chiesa: dedicatevi al-la cultura. Se perdete la sfida della cultura perdete il popolo.

* L'autore, don Alessandro Andreini, è conculente ecclesiastico dell'Ucsi Toscana

Ultima modifica: Mer 8 Ago 2018